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Y.Pestis è un batterio che nel corso della storia ha provocato tre epidemie di peste che hanno avuto un
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impatto così drammatico sull’umanità da
modellare il mondo come lo conosciamo oggi.
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Ma perché questo batterio era così letale
e come ha fatto l'uomo a sconfiggerlo?
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Scopriamolo assieme in questo episodio di
Videograms!
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INTRO
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Uno studio recente ha dimostrato che il primo
contatto tra l’uomo e Y.Pestis è avvenuto
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nel Neolitico e che esso fosse alla base del
cosiddetto “Declino del Neolitico”, ossia
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un rapido collasso delle popolazioni che è
avvenuto tra cinquemila e semila anni fa circa.
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La prima epidemia di Peste conosciuta, però,
è stata la Peste di Giustiniano nel 541 DC,
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che causò circa 25 milioni di morti. Essa
fu seguita, nel Basso Medioevo dall’illustre
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Peste Nera che uccise un terzo della popolazione
Europea e che è stata descritta nelle opere
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iconiche di Chaucer, Boccaccio e Petrarca.
La Peste riapparì per una terza volta a metà
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del XIX secolo e portò a più di 12 milioni
di morti solo in India e in Cina e, secondo
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l’OMS è rimasta attiva fino al 1960.
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Il passato ci ha restituito diverse testimonianze
della Peste e dei suoi effetti terribili sull'umanità.
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Procopio di Cesarea, uno storico Bizantino,
ci ha lasciato un resoconto meticoloso della
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Peste di Giustiniano.
Si pensa che la Peste ebbe origine in Asia
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Centrale e che essa arrivò arrivò in Egitto
nel 541 DC e, poi, dal porto di Alessandria,
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essa arrivò a Costantinopoli, diffondendosi
in tutta Bisanzio.
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Procopio scrisse che la peste durò a Bisanzio
per quattro mesi e fu al suo picco per circa
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tre mesi. All’inizio non morirono molte
persone in più del normale, ma, poi, il disastro
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divampò e, alla fine, si raggiunsero 5000
vittime al giorno e, in seguito, oltre 10000
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mila. Procopio descrisse coloro avevano contratto
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la Peste come “esseri sovrannaturali travestiti
da esseri umani” che diffondevano la malattia.
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Inizialmente, le persone sane cercarono di
esorcizzarli, ma non appena la malattia raggiunse
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anche i luoghi sacri, le persone iniziarono
a barricarsi in casa, rifiutandosi di aiutare
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coloro che bussavano alla propria porta in
cerca di aiuto.
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Secondo lo storico, la diagnosi della malattia
era difficile: infatti,
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le persone venivano colte dalla peste mentre
erano occupate in altre attività, senza avere
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il minimo sospetto di essersi infettate. Purtroppo,
però, non appena i bubboni iniziavano a diffondersi
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per tutto il loro corpo, essi sviluppavano
sintomi gravi come il coma o delle forti allucinazioni.
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Un’altra testimonianza degli effetti terribili
della Peste, fu scritta, secoli dopo, da Giovanni
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Boccaccio, autore del Decamerone. Egli scrisse
che i bubboni che si presentavano sul corpo degli infermi erano grandi come delle mele
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o delle uova e che sangue e pus fuoriusciva
da questi rigonfiamenti. Coloro che erano
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infetti, descrivevano sintomi come febbre,
brividi, vomito e dolori lancinanti. Sembrerebbe
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anche che in alcuni casi, i vestiti dei malati
potessero fungere da veicolo per la malattia.
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Il termine Morte Nera con cui viene denominata
l’epidemia di peste del XIV secolo fu coniato
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dall’astronomo Belga Simon de Covino nel
1350, dopo che egli osservò un allineamento
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poco propizio tra Saturno e Giove.
La Peste fu importata in Italia dall’Asia
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e, da qui, essa si diffuse in tutta l’Europa
nel 1348. Durante la Peste Nera emerse per
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la prima volta la figura del Medico della
Peste. Nonostante dovremmo avanzare di circa
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tre secoli per avere una prima formalizzazione
del metodo scientifico, i Medici della Peste
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cercarono di gestire i sintomi dei pazienti
con i medicamenti che erano conosciuti all’epoca.
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Il loro iconico costume, associato poi alle
maschere della “Commedia dell’Arte”,
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consisteva di occhiali e guanti protettivi,
un bastone in legno che presentava una clessidra
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alata al suo apice e una maschera a forma
di becco di uccello. Gli occhiali e i guanti
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proteggevano il Medico della peste quando
toccava o incideva i bubboni dei pazienti,
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mentre il bastone gli permetteva di consultare
i pazienti a una distanza di sicurezza e di
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misurare il loro polso. La maschera aveva
non solo il compito di proteggerli fisicamente,
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ma era anche riempita con erbe aromatiche
che avevano un duplice scopo: il primo era
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quello di ridurre il forte maleodore che proveniva
dai pazienti e il secondo di prevenire il
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contagio attraverso un medicamento chiamato
Teriaca.
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Infatti, all’epoca, si credeva che la Peste
si diffondesse attraverso il miasma che proveniva
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dai bubboni in decomposizione, dal momento
che, all’epoca, ancora non si fosse a conoscenza
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dell’esistenza dei germi.
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Ma cos’era la Teriaca? La Teriaca era un
medicamento antico il cui nome derivava dal
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greco e significava “antidoto”. Essa era
ottenuta fermentando più di sessanta ingredienti
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segreti che includevano come elemento primario
la carne essiccata di vipera, e altri come
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valeriana, pepe e oppio. Gli ingredienti venivano
polverizzati e ridotti ad un elettuario con
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il miele. Un elettuario era un medicamento
che veniva mescolato col miele o un’altra
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sostanza dal sapore dolce per renderlo più
gradevole.
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La Teriaca fu inizialmente utilizzata come
un antidoto contro il veleno di vipera, ma
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essa veniva pure utilizzata come una panacea.
Si pensava, infatti, che essa potesse curare
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qualsiasi cosa da una lieve febbricciola fino
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alla depressione. Sembrerebbe che i medici del
tempo sapessero che gli effetti miracolosi
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della Teriaca fossero dovuti all’effetto
sinergico di tutti i suoi componenti e, per
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tale motivo, essa veniva lasciata a fermentare
e invecchiare per anni. Veniva, poi, generalmente
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somministrata col vino o con il succo di frutti
acidi.
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Nonostante nel tempo i Medici della Peste
fossero stati definiti “untori” in quanto
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si pensava che essi diffondessero la malattia
e che i loro metodi fossero totalmente inefficaci,
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essi possedevano una grande conoscenza dei
principi attivi, dal momento che sapevano
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bene che la Teriaca, e quindi il suo ingrediente
principale, cioè l’oppio, dovessero essere
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somministrati in piccole dosi perché potenzialmente
tossici.
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Inoltre, i Medici della peste conoscevano
bene anche le diverse vie di somministrazione
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dei farmaci. Infatti, la Teriaca, non veniva
somministrata solo per via orale, ma anche
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per via rettale o intradermica. Venivano utilizzati
il grasso di anatra o lardo di porco per permettere
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il veicolamento trasdermico, veicoli che sono
stati utilizzati ampiamente dalla medicina
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moderna fino al ventesimo secolo.
Ma la Teriaca funzionava davvero? Bè, sicuramente
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essa non era capace di curare la Peste dal
momento che non fossero presenti antibiotici
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al suo interno, ma essa era sicuramente un
ottimo palliativo, in quanto l’oppio era
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molto utile per gestire il dolore, fermare
la tosse e la diarrea. Altri medicamenti palliativi
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includevano il succo di melograno per ridurre
i problemi gastrici, acqua calda e aceto per
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prevenire il vomito, salassi e purghe.
I Medici della Peste, oltre che occuparsi
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degli infermi, avevano anche il compito di
stilare una stima giornaliera del numero dei
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morti e degli infetti ed essi avevano anche
il permesso di eseguire autopsie. Essi, inoltre,
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dovevano garantire le cure a tutti i pazienti,
a prescindere dal loro ceto sociale.
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All’epoca furono usate diverse misure per
il contenimento del contagio. Il termine “quarantena”
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che oggigiorno indica l’isolamento di persone
infette per prevenire il diffondersi di una
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malattia infettiva deriva dalla parola “quaranta”
e indica il tempo che i marinai dovevano spendere
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in isolamento sulle proprie navi prima di
poter sbarcare a Venezia. Un documento del
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1377 dichiarava che prima di poter entrare
nella città-stato di Ragusa (l’attuale
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Dubrovnik in Croazia), i nuovi arrivati dovevano
passare 30 giorni (ossia una trentina) in
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isolamento (originariamente nelle isole vicine)
aspettando di verificare se si sviluppassero
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sintomi della Peste. La quarantena
si dimostrò efficace per controllare
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i focolai di peste. Infatti, secondo le stime
moderne, per coloro che erano infetti di peste
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bubbonica trascorrevano circa 37 giorni dall’infezione
alla morte e, pertanto, le quarantene erano
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un ottimo metodo per verificare i potenziali
infetti
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Si pensa che la Peste non abbia avuto solo un impatto culturale, economico e sociale sull'umanità
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ma che essa influenzò anche l'evoluzione.
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Infatti, secondo alcuni studiosi essa esplicò una
pressione selettiva che favorì alcuni tratti
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a scapito di altri nell’uomo. Sembrerebbe
che questa epidemia fosse stata capace di
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aumentare la sopravvivenza di coloro che avessero
una mutazione in una proteina chiamata CCR5.
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Questa proteina si trova sulla superficie
dei globuli bianchi e questa mutazione, oggigiorno,
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a secoli di distanza, non permette all’HIV,
che normalmente usa CCR5 come una chiave di
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accesso per entrare nelle cellule del sistema
immunitario, di entrare e quindi danneggiare
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queste cellule. Questa mutazione è presente
nel 10% della popolazione europea, una percentuale
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molto più alta rispetto alle altre popolazioni
del mondo e, questo sarebbe spiegato dall’epidemia
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di peste che ha colpito principalmente l’Europa.
Altri scienziati, però, non sono convinti
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di questa ipotesi, dal momento che la protezione
data da questa mutazione è contro un virus,
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mentre Y.Pestis è un batterio, quindi serviranno
ulteriori studi per confermare quest’ipotesi.
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Ma se l’uomo non aveva una cura nel Medioevo,
allora come ha fatto la Peste a scomparire?
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Molti pensano che Y.Pestis si sia estinto
con le sue vittime, dal momento che si è
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scoperto che il ceppo di questo batterio che
ha infettato le persone nel medioevo fosse
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differente da quelli che sono riapparsi successivamente.
Molto probabilmente questo ceppo era molto
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più aggressivo e letale di quello comparso
durante la Peste di Giustiniano e, successivamente,
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nella peste del XIX secolo. Quando un patogeno
è così letale da uccidere tutti i suoi ospiti
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esso è generalmente condannato a morire con
loro. Pertanto, sembrerebbe che il ceppo medievale
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di Y.Pestis sia sia evoluto in qualcosa di
meno letale.
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Questo spiegherebbe non solo la presenza di
epidemie successive di peste, ma anche la
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loro minore letalità. Per esempio, la Peste
continuò a mietere vittime a Londra nel 1603,
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quando morirono circa 30000 persone, nel 1625, quando
ne morirono 35000 e nel 1636 quando ne morirno
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10000. Il più famoso di questi focolai successivi
però è stata la Grande Peste di Londra nel
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1665 che causò 75000 morti. In questo caso
la patologia fu endemica, ossia circoscritta
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a Londra.
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Nonostante la Peste si placò nel tempo, una
terza epidemia è ricomparsa nel XIX secolo
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ed è stato allora che l’uomo ha finalmente
imparato a combattere questa patologia.
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Curiosi di sapere come? Allora guardate la
seconda parte di questo video.