Lettera PERDUTA di Carl Jung! Cosa accade davvero dopo la Morte

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https://www.youtube.com/watch?v=SdHKKaVW7gE

Sintesi

TLDRCarl Gustav Jung, durante un infarto, ha vissuto un'esperienza di coscienza dilatata, osservando la Terra e percependo una realtà oltre il pensiero. Ha visto un futuro collettivo dell'umanità in cui il confine tra vita e morte si assottiglia. Jung ha compreso che la verità è un'esperienza da attraversare, non da possedere, e che l'ombra e la sofferenza sono essenziali per la crescita dell'anima. Non ha mai parlato pubblicamente di questa esperienza, ma ha scritto una lettera personale a un collega, consapevole che il mondo non era pronto per le sue rivelazioni. Il suo messaggio finale riguarda l'importanza di vivere pienamente e di affrontare la morte consapevolmente.

Punti di forza

  • 💔 Jung ebbe un infarto che lo portò a un'esperienza di coscienza dilatata.
  • 🌍 Osservò la Terra come una sfera luminosa nel vuoto cosmico.
  • ✨ Scoprì che la verità è un'esperienza da attraversare, non da possedere.
  • 🌌 Vide un futuro in cui il confine tra vita e morte si assottiglia.
  • 🌑 L'ombra e la sofferenza sono essenziali per la crescita dell'anima.
  • 📜 Non parlò mai pubblicamente della sua esperienza, ma scrisse una lettera personale.
  • 🔍 Il messaggio finale riguarda la vita vissuta pienamente.
  • 🌱 La verità è luce conquistata attraverso l'esperienza.
  • 💡 Jung intuì che oltre la luce ci sono custodi e presenze vigilanti.
  • 🕊️ La morte non è la fine, ma una trasformazione da attraversare.

Linea temporale

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    Carl Gustav Jung experimentou un evento extraordinario durante un infarto que o levou a un estado de conciencia dilatada, onde observou a Terra como unha esfera luminosa e sentiu unha conexión profunda co sagrado. Neste estado, comprendió que a morte non é o final, senón unha transformación, e que a verdade se atopa na aceptación da sombra e do sufrimento como parte do crecemento da alma. A súa experiencia, que non compartiu publicamente, foi un descubrimento íntimo sobre a vida e a morte, e a importancia de vivir plenamente antes de cruzar esa fronteira.

Mappa mentale

Video Domande e Risposte

  • Cosa ha vissuto Jung durante il suo infarto?

    Jung ha avuto un'esperienza di coscienza dilatata, osservando la Terra da lontano e percependo una realtà oltre il pensiero e l'identità.

  • Qual è stata la visione di Jung riguardo al futuro dell'umanità?

    Jung ha visto un futuro in cui il confine tra vita e morte si assottiglia, e gli esseri umani iniziano a percepire di più.

  • Cosa rappresenta l'albero nella visione di Jung?

    L'albero simboleggia che la verità è qualcosa da attraversare, non da possedere, e nasce dall'accettazione dell'ombra e della sofferenza.

  • Perché Jung non ha parlato pubblicamente della sua esperienza?

    Jung sapeva che il mondo non era pronto per le sue parole e che sarebbero state fraintese.

  • Qual è il messaggio finale di Jung?

    Il messaggio riguarda la vita vissuta pienamente e l'importanza di attraversare consapevolmente la morte.

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    Nel corso di un periodo critico avvenuto
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    durante la prima metà del 20o secolo, un
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    evento straordinario colpì uno dei più
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    profondi pensatori del mondo moderno,
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    Carl Gustav Jung. Era un momento di
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    grande vulnerabilità fisica quando il
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    suo cuore si arrestò in seguito a un
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    grave infarto. Quel periodo che in
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    termini clinici fu breve, pochi minuti
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    senza battito, si rivelò invece, dal
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    punto di vista della coscienza, una
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    soglia aperta
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    sull'ignoto. Non fu il buio ad
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    accoglierlo, ma una chiarezza
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    inaspettata e abbagliante. Raccontò di
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    essersi trovato al di fuori del corpo
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    fisico, in uno stato di coscienza
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    dilatata. dove lo spazio e il tempo,
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    come li conosciamo, sembravano privi di
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    significato. In quella condizione
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    osservò la Terra da una distanza
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    inimmaginabile, come se fosse sospeso
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    nel vuoto cosmico. E ciò che vide non fu
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    il pianeta familiare in cui aveva
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    vissuto, ma una sfera luminosa, azzurra,
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    vibrante, simile a un gioiello pulsante
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    di vita, fluttuante nel silenzio
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    dell'universo. Ma ciò che lo colpì non
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    fu soltanto quella visione esterna, fu
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    la sensazione interiore di trovarsi in
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    uno spazio sacro, non costruito con
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    materia o parole, ma formato da luce
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    viva, un luogo privo di tempo, privo di
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    confini, dove tutto ciò che credeva di
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    sapere sulla coscienza si dissolse,
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    lasciando emergere un'essenza più
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    profonda, più autentica, oltre il
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    pensiero, oltre la memoria, oltre
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    l'identità personale. In quello stato
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    disincarnato non incontrò figure
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    mitologiche né visioni riconducibili
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    alle religioni tradizionali. Non vi
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    erano angeli né profeti. C'era però una
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    presenza, qualcosa che non aveva volto
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    né voce, ma che comunicava direttamente
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    alla coscienza, trasmettendo
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    comprensione anziché concetti, verità
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    anziché parole. In quell'istante Jung
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    percepì ciò che aveva sfiorato solo in
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    parte durante i suoi lunghi anni di
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    esplorazione dell'inconscio, la realtà
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    dell'anima, intesa non come simbolo o
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    metafora, ma come una dimensione
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    concreta vissuta e comprese più
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    chiaramente che mai che ciò che noi
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    chiamiamo morte non rappresenta la fine,
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    ma una soglia, un passaggio, una
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    trasformazione. Poco prima di essere
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    richiamato nel corpo gli fu mostrata una
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    visione che non riguardava la sua vita
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    passata, come spesso si racconta nei
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    resoconti delle esperienze di premorte.
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    non vide episodi della sua esistenza
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    scorrere davanti agli occhi, bensì uno
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    scorcio del futuro, non del suo futuro
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    personale, ma del futuro collettivo
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    dell'umanità nel suo insieme, vide un
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    tempo a venire in cui il confine tra la
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    vita e la morte si sarebbe fatto
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    sottile, quasi
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    trasparente. Un'epoca in cui gli esseri
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    umani avrebbero cominciato a sentire di
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    più, a percepire ciò che oggi resta
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    velato. Non si trattava di un
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    simbolismo, ma di una condizione reale
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    in cui il dolore, la confusione e
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    persino la morte stessa sarebbero
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    divenuti traslucidi, quasi privi di
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    sostanza. Ma ciò che inizialmente
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    appariva come una visione luminosa e
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    salvifica si rivelò anche portatrice di
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    un monitor. Jung intuì che in quel
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    futuro, dove ogni cosa sarebbe stata
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    esposta alla luce, mancava qualcosa di
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    fondamentale, l'ombra. Dove non c'è
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    ombra, non c'è profondità.
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    Dove non esiste più il dolore, viene
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    meno la possibilità stessa di crescere,
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    di
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    trasformarsi. Scrisse che in assenza di
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    sofferenza l'anima perde il proprio
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    peso, il proprio centro di gravità. Non
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    si trattava di esaltare la sofferenza,
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    ma di riconoscere che è proprio
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    attraverso la tensione tra luce e
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    oscurità che l'anima può evolversi.
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    Senza notte non può esserci aurora,
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    senza oscurità non si può percepire la
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    luce. In quello spazio fuori dal tempo,
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    gli fu concessa la possibilità di porre
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    una sola domanda e lui, guidato da ciò
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    che aveva cercato per tutta la vita,
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    scelse di chiedere che cos'è la verità.
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    La risposta non gli arrivò in forma
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    verbale, ma attraverso un'immagine
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    potente e simbolica, un albero. Le sue
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    radici affondavano nelle profondità più
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    oscure della Terra, mentre la chioma
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    ardeva avvolta da fiamme che non
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    bruciavano ma
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    illuminavano. In quell'albero vide la
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    risposta: "La verità non è qualcosa da
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    possedere, ma da attraversare. È ciò che
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    nasce quando si accetta di scendere
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    nell'ombra, quando si lascia che la
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    sofferenza diventi comprensione, quando
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    si permette all'ignoto di diventare
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    parte della propria
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    interiorità. La verità è luce
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    conquistata, non
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    ereditata. Tornato nel proprio corpo,
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    Jung non parlò mai pubblicamente di
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    questa esperienza. la racchiuse in una
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    lettera personale scritta non per il
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    pubblico, non per gli accademici, ma per
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    un unico destinatario, un collega la cui
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    identità rimase per sempre anonima. La
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    lettera non venne mai pubblicata né
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    citata nelle sue opere. Rimase nascosta
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    per quasi otto decenni. Jung sapeva che
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    il mondo del suo tempo non era pronto.
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    Sapeva che quelle parole, se lette con
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    occhi razionali, sarebbero state
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    fraintese, derise, ridotte a
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    fantasticherie.
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    Ma sapeva anche che un giorno qualcuno
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    le avrebbe trovate, qualcuno capace di
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    sentire non con l'intelletto, ma con
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    l'intuizione. Nelle righe finali della
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    sua testimonianza, Jung descrisse un
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    ultimo dettaglio che per molti potrebbe
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    apparire inquietante. Disse che oltre la
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    luce non vi era solo pace, vi erano
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    presenze, intelligenze e vigili che
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    osservavano. Non le definì mai con
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    termini minacciosi. Non erano demoni né
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    creature infernali.
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    Ma erano custodi, guardiani di un
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    confine che non tutti possono
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    oltrepassare. Non si poteva proseguire
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    oltre, spiegò, fino a quando non si era
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    pronti a diventare pienamente ciò che si
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    è destinati a essere.
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    Quella soglia non appartiene a chi è
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    semplicemente curioso, appartiene a chi
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    ha perso, a chi ha amato, a chi si è
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    spezzato e ha cercato di ricomporsi, a
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    chi ha guardato in faccia il vuoto e ha
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    deciso di
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    restare. concludeva dicendo che se
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    quelle parole erano arrivate a qualcuno,
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    allora quel qualcuno aveva già sentito
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    il richiamo. Magari in un sogno o in un
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    momento di solitudine profonda, magari
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    in uno di quei silenzi in cui il mondo
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    pare troppo sottile per contenere tutta
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    la
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    realtà. Non è una questione di fede
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    scrisse, è una questione di esperienza.
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    E solo l'esperienza autentica, quella
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    che ci attraversa e ci cambia, è capace
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    di condurci alla verità, non quella
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    teorica, non quella che si discute, ma
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    quella che si vive e ci trasforma nel
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    profondo. E così il messaggio finale non
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    riguarda ciò che accade dopo la morte,
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    riguarda piuttosto ciò che accade prima.
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    riguarda la vita, quella vera, quella
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    vissuta pienamente, perché il punto non
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    è evitare la morte, ma attraversarla
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    consapevolmente e nel farlo ricordare
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    chi siamo sempre stati.
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    Ah.
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