La macchina della disinformazione globale: come funzionano le fabbriche di Fake News

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https://www.youtube.com/watch?v=tWqE8Mk562w

概要

TLDRIl video discute il fenomeno delle 'Troll Farms', le organizzazioni che usano i social media per manipolare l'opinione pubblica. Queste operazioni organizzate in gruppi coordinati possono influenzare le elezioni e diffondere propaganda. Le troll farms creano profili falsi che sembrano autentici per condividere contenuti divisivi o fake news. Sono spesso sponsorizzate da governi o altre entità con interessi specifici. L'esempio più noto ha coinvolto l'Internet Research Agency russa, che avrebbe influenzato le elezioni statunitensi del 2016. Paesi come le Filippine, la Russia e la Cina sono noti per usare le troll farms. L'uso di VPN è suggerito per proteggere la privacy online. Nonostante la chiusura della Internet Research Agency, l'uso di troll farms rimane una minaccia globale.

収穫

  • 👹 Le Troll Farms manipolano le opinioni sui social media.
  • 🤖 Creano profili fake per sembrare autentici.
  • 🇷🇺 Note operazioni sono collegate alla Russia.
  • 📈 Mirano a influenzare le elezioni e le opinioni.
  • 💰 Possono ricevere finanze governative.
  • 🔍 La loro attività evidenzia falle nei social media.
  • 🛡️ Utilizzare VPN per proteggere la privacy.
  • 🌐 Molti paesi avanzano nel loro uso, come la Cina e le Filippine.
  • 📉 La disinformazione prospera grazie all'engagement basato su contenuti virali.
  • 🔒 Proteggere i propri dati online è cruciale.

タイムライン

  • 00:00:00 - 00:05:00

    Il video apre con un confronto ironico tra la "Fabbrica dei Mostri" degli anni '90 e le moderne "Troll Farm", fabbriche di troll su Internet. Nei forum e nei social media, i troll sono utenti che disturbano le discussioni online. Alcuni di questi troll operano in gruppo, diffondendo fake news e propaganda per manipolare l'opinione pubblica. Si citano i meccanismi interni di Facebook che avrebbero favorito la diffusione di contenuti da parte dei troll, spesso coordinati da enti governativi per creare campagne di propaganda e influenzare eventi come le elezioni.

  • 00:05:00 - 00:10:00

    Diverse nazioni come Myanmar, Cina, e Russia utilizzano le troll farm. Viene menzionata l'Internet Research Agency (IRA) che, nel periodo della crisi in Crimea e delle elezioni USA del 2016, ha svolto attività di disinformazione. I troll impiegati da queste agenzie hanno creato profili falsi per sembrare autentici, con lo scopo di dividere e polarizzare l'opinione pubblica americana attraverso temi controversi. Le difficoltà nel fermare le troll farms sono amplificate dalle attuali politiche dei social media che favoriscono l'engagement su contenuti divisivi, indipendentemente dalla loro correttezza.

  • 00:10:00 - 00:15:00

    Il video sottolinea l'importanza di mantenere la privacy online per prevenire furti di identità e l'uso improprio dei dati personali da parte di troll farms e hacker. Si consiglia l'uso di NordVPN per proteggere i propri dispositivi e dati, riducendo la vulnerabilità a tali minacce. Nonostante la chiusura ufficiale di alcune organizzazioni come l'Internet Research Agency, il fenomeno delle troll farms persiste, influenzando ancora le dinamiche sociali e politiche attraverso campagne organizzate per la diffusione di disinformazione.

  • 00:15:00 - 00:23:16

    Vengono esaminati casi di trolling sponsorizzato da governi, come quello dell'ex presidente filippino Duterte, che ha usato un esercito di troll durante la sua campagna elettorale per attaccare avversari e manipolare il dibattito pubblico. Altri esempi includono il "50 cent army" cinese e le attività in Turchia, India e Malta, dove attori politici utilizzano troll per influenzare l'opinione pubblica e minacciare avversari. Il video conclude evidenziando come la democratizzazione dell'informazione su Internet sia minacciata da queste operazioni coordinate, suggerendo una maggiore attenzione alla sicurezza informatica.

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マインドマップ

ビデオQ&A

  • Cosa sono le Troll Farms?

    Sono organizzazioni che operano sui social media per manipolare le opinioni pubbliche, diffondendo fake news e propaganda.

  • Qual è la differenza tra un troll singolo e una troll farm?

    La troll farm è un'organizzazione coordinata e sponsorizzata, spesso con significativi backing finanziari, a differenza di un troll singolo.

  • Qual è l'obiettivo delle troll farms?

    Manipolare le opinioni pubbliche, diffondere propaganda, e disinformare per ottenere risultati politici o sociali.

  • Come operano le troll farms?

    Creano profili fake che sembrano autentici, condividono contenuti divisivi e collaborano in gruppi per amplificare i messaggi.

  • Quali sono alcuni paesi noti per l'uso di troll farms?

    Myanmar, Cina, Filippine, Costa Rica, Siria, Etiopia, Turchia, Russia, Cambogia e Stati Uniti.

  • Come si finanziano le troll farms?

    Possono essere sponsorizzate da enti governativi o altri gruppi con interessi particolari.

  • Che impatto hanno avuto le troll farms nelle elezioni statunitensi del 2016?

    Si stima che i loro contenuti abbiano raggiunto centinaia di milioni di americani, potenzialmente influenzando l'opinione pubblica.

  • Che strumenti vengono utilizzati per contrastare le troll farms?

    I social media cercano di regolamentare i contenuti, ma l'anonimato e la tecnologia avanzata rendono la lotta difficile.

  • Quali misure di sicurezza si possono adottare contro le troll farms?

    Utilizzare VPN come NordVPN per proteggere la propria privacy e dati online.

  • Come contribuiscono le troll farms alla diffusione di fake news?

    Condividendo contenuti virali divisivi e commentando da account fake per alterare la percezione pubblica.

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    Questa è la Fabbrica dei Mostri, un balocco  malefico degli anni ‘90 che sfornava orde
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    di incubi tossici manco fossero le pizze  di Domino’s. Che però inspiegabilmente a
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    Simone piacciono tanto. Vero Simo? Oh che vi  devo dì, ognuno c’ha i su difetti. Comunque,
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    quando per la prima volta ho sentito parlare  di Troll Farm, le fabbriche, o allevamenti,
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    di troll, la mia mente si è immaginata subito  qualcosa di simile. Purtroppo, però. questa
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    storia, con le favole, non ha nulla a che fare. Chi bazzica da un po’ di anni forum, social e lo
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    stesso YouTube avrà certo preso da diverso tempo  confidenza con una nuova accezione del termine
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    troll. E io da amante delle saghe islandesi  devo essere un po' contrariato. No, niente
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    Harry Potter o Signore degli Anelli, mi dispiace.  Nella comunicazione via internet, un troll è un
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    utente che volontariamente agisce con l’intento  di provocare dispute e offendere gli altri utenti,
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    sia sostenendo argomenti controversi tramite  considerazioni assurde e condotte parossistiche,
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    oppure inviando messaggi senza senso.  Praticamente, senza scomodare Tolkien, un troll
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    è un disturbatore che però può anche agire in  maniera coordinata con altri troll, in squadra. E
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    nel caso dei troll organizzati, c’è un problemino.  Insieme, questi possono diffondere fake news,
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    propaganda estremista o hate speech, allo scopo  di manipolare le opinioni degli altri utenti. I
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    social premiano i contenuti più popolari, a  prescindere dalla loro natura o correttezza.
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    Stando ad un rapporto interno stilato da Facebook  nel 2019 e divulgato dal MIT di Cambridge,
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    l’azienda di Zuckerberg dopo le elezioni  statunitensi del 2019 non sarebbe riuscita
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    a modificare i meccanismi con cui la piattaforma  distribuisce i contenuti e le informazioni.
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    Si legge nel report: “al posto della scelta  dell’utente di recuperare contenuti da questi
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    autori, è la nostra piattaforma che sta scegliendo  di fornire a questi soggetti - i troll - una
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    diffusione enorme”. Considerata questa debolezza,  un gruppo di troll può essere sponsorizzato
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    persino da un ente governativo. È in questo caso  che si parla di troll farms, allevamenti di troll.
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    Un po’ come in 1984 di Orwell, le Troll Farms  agirebbero da agenzie incaricate di diffondere
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    una certa propaganda e determinate narrazioni,  spargere disinformazione per esacerbare il
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    malcontento sociale, intimidire gli oppositori  e influenzare infine l’esito di elezioni intere.
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    Un lavoro a tempo pieno, insomma. Ed è tutto  abbastanza semplice. Non serve essere degli
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    hacker, basta creare diversi profili social  fake, ma non aspettatevi nickname a caratteri
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    numerici e foto profilo assenti oppure di  donne in abiti succinti. È importante che
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    questi account fake simulino un’impressione di  normalità e autenticità, e perciò gli impiegati
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    delle farm aggiungono foto, informazioni personali  e bio fittizie, per poi agire in maniera unitaria,
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    commentando, prendendo parte a discussioni,  e creare loro stessi contenuti divulgativi.
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    Tipo Nova Lectio. Tuttavia, se la zia Antonietta  vede su Facebook che questo distinto quarantenne
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    padre di famiglia con una bella moglie e una  linda casetta di campagna ha condiviso un
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    video propagandistico di un dittatore africano  con tanto di emoticon con i pollicioni in su,
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    potrebbe essere tentata a ricredersi sulle sue  opinioni geopolitiche. Si fa per ridere, ma il
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    meccanismo è proprio questo: far credere che il  punto di vista propagandato dai troll appartenga
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    ad un più vasto insieme di persone normali, come  noi. Un po’ come comprare iscritti su YouTube,
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    o ascolti su Spotify: alla fine su internet  e anche nella vita reale sono i grandi numeri
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    che creano il consenso e l’affidabilità, e la  zia Antonietta si convince così che il Supremo
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    Generale del Cavolistan ha fatto anche cose buone,  e che il mondo ingiustamente lo odia. Comunque,
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    la differenza tra dei normali troll e una  fabbrica di troll sta proprio nell’organizzazione,
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    nella disponibilità economica che hanno alle  spalle. Nel 2017, stando al report Freedom on
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    the Net stilato da Freedom House sulla libertà  in internet, su 65 paesi studiati 30 avrebbero
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    fatto ricorso a livello governativo di troll e  fake news. Nel rapporto Freedom on the Net 2023,
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    Freedom House evidenzia che sempre più governi si  stanno avvalendo dell’intelligenza artificiale per
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    produrre troll che agiscano come mezzi  propagandistici anche senza intervento umano.
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    Tra i paesi che più si avvalgono  di troll farms abbiamo Myanmar,
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    Cina, Filippine e Costa Rica, ma  anche Siria, Etiopia, Turchia,
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    Russia, Cambogia e Stati Uniti.
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    Quello delle fabbriche di troll è un fenomeno  relativamente nuovo. Tipo dieci anni. Siamo in
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    quel biennio che va dalla crisi in Crimea del  2014 fino alle elezioni statunitensi del 2016,
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    e comincia a circolare il nome di una certa  Internet Research Agency. Dietro di essa si
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    cela l’intensa attività di almeno 300 persone,  amministrata da un certo Yevgeny Prigozhin,
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    quando ancora era amico di Putin e… in vita. Nel  2014, durante l’annessione russa della Crimea,
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    i troll dello “chef del Cremlino” soffiarono  sulla debolezza istituzionale del governo ucraino,
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    al fine di creare sfiducia verso di esso e  legittimare l’intervento russo e dei ribelli
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    del Donbass. I troll vengono pagati 40mila rubli  al mese per 12 ore al giorno per garantire una
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    certa quantità di commenti. Un anno dopo, l’IRA  si sposta negli Stati Uniti, impiegando soltanto
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    quei dipendenti che conoscevano l’inglese alla  perfezione. Mi risparmio la battutina sul fatto
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    che gli americani non sanno in realtà parlare  inglese. Il punto è che questi troll dovevano
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    dare l’impressione di essere dei veri patrioti  statunitensi. I troll americani istituiscono un
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    vero e proprio Facebook Department, vengono pagati  il doppio dei loro colleghi russi, e sono chiamati
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    a impersonare perlopiù degli studenti hipster  che si intendono di politica nazionale, quindi in
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    grado di parlare di argomenti di tendenza, proprio  come la sfida tra Hillary Clinton e Donald Trump
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    per il seggio presidenziale. Nel giro di qualche  mese, i troll russi creano pagine, eventi e gruppi
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    ad hoc: Blacktivist, contro il razzismo, Secured  Borders, contro l’immigrazione, United Muslims
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    of America, a favore dell’Islam, e Army of Jesus,  a favore… di Gesù. Lo scopo: spingere quante più
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    persone possibili a riunirsi in un determinato  luogo, affinché nascano manifestazioni e,
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    preferibilmente, scontri e odio. Per far sì  che ciò accada, l’IRA finanzia ignari gruppi di
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    attivisti locali per un totale di 80mila dollari,  e genera discussioni anche tra gruppi e pagine da
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    lei stessa create. Ad esempio, una certa pagina  Instagram Woke Black addita “Killary” Clinton come
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    il male minore, ma invita all’astensionismo  di massa, mentre Blacktivist indica invece
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    di votare per la candidata indipendente Jill  Stein. Ancora, United Muslims of America incita
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    a non votare per Clinton poiché intenzionata a  mantenere la presenza americana in Medioriente,
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    e Army of Jesus pubblica immagini… incredibili  tipo questa in cui si invita la gente a mettere
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    like per far vincere gesù contro Hillary  clinton. Ora, pensateci. Quanti post del
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    genere avete visto sui social, negli ultimi  anni? Tralasciando i i commenti sui miei video.
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    A ogni modo, facciamo attenzione, perché dal loro  ufficio bellissimo a Petropavlovsk Kamtchatski,
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    i troll non vogliono sostenere la candidatura  di Trump, bensì denigrare chi rappresenta
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    appieno l’establishment statunitense in toto.  A confermarlo sarebbe anche un’analisi sugli
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    spazi pubblicitari acquistati dagli account  sospetti su Facebook. L’azienda di Zuckerberg
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    conta all’incirca 3mila annunci pubblicitari,  per un totale di 100mila dollari, acquistati
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    da giugno 2015 a maggio 2017 e riconducibili  ad almeno 470 account sospetti. La maggior
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    parte di questi non avrebbe mostrato  sostegno a nessun candidato. Piuttosto,
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    gli annunci sembravano mirati a amplificare temi  divisivi e controversi come immigrazione, diritto
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    alle armi, tematiche LGBTQ e razziali. È difficile  quantificare il peso che hanno avuto i troll russi
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    nelle elezioni americane del 2016, ma Facebook  stimò che furono almeno 126 milioni gli americani
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    raggiunti da questi contenuti, più di un terzo  della popolazione. Twitter invece contò più di
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    3mila800 account autori di 176 mila tweet nelle 10  settimane precedenti le elezioni, per un milione
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    di americani raggiunti. Ancora oggi è difficile  limitare le attività delle fabbriche di troll,
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    questo per diversi motivi. Primo: i social non  penalizzano le pagine che pubblicano contenuti
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    non originali. Questo fa sì che i troll possano  ottenere molto engagement condividendo tramite
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    bot contenuti già virali. Secondo: spingono  la visibilità di alcune pagine agli utenti
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    che pure non le seguono. Più una pagina è seguita  o commentata, più risulta visibile nei feed e
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    nelle bacheche degli utenti. Terzo: la visibilità  predilige l’engagement a prescindere dal fatto che
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    i contenuti siano fake news o messaggi controversi  e divisivi. In altre parole, le troll farms,
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    che ricondividono contenuti ad alto engagement,  godono della possibilità smisurata di raggiungere
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    nuove fette di pubblico. E lo possono fare  “copiando” i nostri account ufficiali.
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    Mantenere la propria privacy online è  fondamentale, e non solo per evitare che
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    qualche troll vi freghi la foto profilo e si  finga voi. Così come le Troll Farms potrebbero
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    facilmente attingere ai dati che lasciate in  giro per l’internet, magari sovrappensiero,
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    accettando cookie e iscrivendovi ai siti  più disparati, allo stesso modo gli hacker
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    potrebbero accedere al vostro conto bancario,  qualche data broker potrebbe venderli ad aziende
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    pubblicitarie che vi profileranno e vi faranno  arrivare centinaia di mail spam. Un modo per
  • 00:10:44
    prevenire parte di questi problemi si chiama  NordVPN, la migliore rete virtuale privata,
  • 00:10:48
    che è anche partner di questo video. NordVPN  protegge il vostro computer, tablet o telefono,
  • 00:10:53
    il tutto su un massimo di 10 dispositivi diversi,  e lo anche e soprattutto quando siete in viaggio,
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    nei momenti in cui vi agganciate a wifi  di dubbia sicurezza, come esempio quelli
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    di aeroporti e hotel, grazie ai suoi oltre 6300  server in 111 paesi diversi. E se la vostra mail
  • 00:11:09
    dovesse finire per qualche motivo sul dark web,  NordVPN vi avvertirà subito, cosicché possiate
  • 00:11:13
    cambiare password il prima possibile. Inoltre,  potrete godervi questi ultimi momenti estivi
  • 00:11:17
    risparmiando su prenotazioni di voli, hotel,  e autonoleggi. Infatti, geolocalizzandovi in
  • 00:11:22
    un’altra parte del mondo potrete evitare  la discriminazione dei prezzi dall’Italia,
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    extra, più un coupon valido per 6 mesi gratis di  NordVPN da regalare a chiunque vogliate entro 24
  • 00:11:41
    ore dall’acquisto. Così, le fabbriche di troll se  ne staranno alla larga dai vostri profili social.
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    Ad oggi, comunque, tranquilli: l’Internet  Research Agency risulta chiusa, anche se
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    è presto per dichiararne la fine effettiva.  In effetti, possiamo dire che la troll farm
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    russa abbia letteralmente fatto scuola.  Un buon allievo è stato sicuramente l’ex
  • 00:12:14
    presidente filippino Rodrigo Duterte,  vincitore delle elezioni nazionali del
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    2016. Lo stesso che paragonava la sua lotta  alla droga all’Olocausto, compiacendosene.
  • 00:12:36
    Durante la sua campagna elettorale nel 2015,  Duterte ha affidato la sua strategia social a
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    un consulente di marketing, Nic Gabunada. Con  un capitale ristretto, soli 200mila dollari,
  • 00:12:46
    Gabunada sarebbe comunque riuscito ad allestire  un “keyboard army” in grado di monopolizzare
  • 00:12:50
    il dibattito social preelettorale. Ormai tutti  sostengono la propria campagna elettorale tramite
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    social. In linea di massima non c’è nulla di  male, ma sono i modi a fare la differenza. A chi
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    domandava a Gabunada come fosse stato possibile  allestire una così vasta presenza social con un
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    budget risicato, la risposta era sempre la stessa:  merito del lavoro su base volontaria di centinaia
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    di sostenitori di Duterte. Gabunada ha veramente  potuto contare su uno zoccolo duro di 400-500
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    volontari, ognuno a sua volta responsabile di  un network di centinaia o migliaia di contatti.
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    Alcuni però hanno dato risposte un po’ meno  romantiche: bot. … Non le botte. Intendo proprio
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    i bot, quelli su internet. Ma che si trattasse  di bot o fanatici volontari, questo “keyboard
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    army” ha provveduto sì a divulgare gli slogan  di Duterte, ma anche ad attaccare, insultare e
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    minacciare di morte attivisti e oppositori. E in  un paese come le Filippine dove la controversa
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    guerra alla droga lanciata dal presidente Duterte  ha causato almeno 6600 morti ufficiali, tra cui
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    diversi attivisti, una minaccia di morte seppur  ricevuta da un account fake non è da prendersi
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    alla leggera. Una volta vinte le elezioni, la  keyboard army, l’esercito armato di tastiere, di
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    Duterte non ha cessato le sue attività. Bot, troll  e account fake avrebbero inviato in massa decine
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    di messaggi intimidatori al giorno a vari critici  del presidente: dalla storica rivale Maria Ressa,
  • 00:14:11
    la giornalista filippina nonché premio Nobel per  la pace e fondatrice della testata investigativa
  • 00:14:14
    Rappler, che ha denunciato le atrocità della  guerra alla droga di Duterte, alla senatrice Leila
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    de Lima, colpevole di aver invitato il parlamento  nazionale a indagare sui crimini della polizia.
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    Duterte ha poi ammesso di aver pagato questi  troll, ma soltanto durante la campagna elettorale.
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    A GENIUS. Una volta presidente non ne aveva più  bisogno, giustamente. Però la campagna social
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    a difesa delle draconiane misure presidenziali  contro la criminalità ha spesso fatto ricorso alla
  • 00:14:38
    disinformazione e alla manipolazione delle fake  news per dare ragione delle scelte di Duterte:
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    notizie di attentatori arrestati in flagranza di  reato vecchie di anni ma riproposte modificando
  • 00:14:48
    la data di pubblicazione, oppure notizie di minori  uccisi dalla furia dei trafficanti, quando però le
  • 00:14:53
    foto presentate provenivano dal Brasile. Duterte  oggi non è più presidente, ma siccome viviamo
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    in un periodo in cui l’effetto nostalgia sembra  andare molto di moda, alla guida delle Filippine
  • 00:15:02
    abbiamo nuovamente un Marcos. Ferdinando Marcos  Jr., figlio di quel Ferdinando Marcos, dittatore
  • 00:15:08
    per vent’anni. Durante la sua campagna elettorale  del 2022 il suo team social ha ampliamente fatto
  • 00:15:13
    ricorso anche TikTok per instillare in milioni  di giovani filippini una falsa nostalgia verso
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    l’epopea gloriosa del padre e della madre, Imelda.  Anche in questo caso, i video sarebbero stati
  • 00:15:24
    condivisi più volte da account anonimi. Riscrivere  la storia, dunque, presentando gli anni della
  • 00:15:29
    dittatura di Marcos sr. come apogeo della gloria  e della felicità nazionale. Russia e Filippine,
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    comunque, sono solo due casi di una tendenza  alquanto diffusa. Ad esempio, sempre nel 2016,
  • 00:15:39
    anno d’oro del trolling online, una ex militante  del partito indiano Bharatiya Janata Party, il
  • 00:15:45
    Partito dell’attuale primo ministro Narendra Modi  aveva rivelato come lei e altri volontari fossero
  • 00:15:50
    stati istruiti nell’attaccare e minacciare diverse  figure pubbliche del paese, da politici ad attori
  • 00:15:55
    di Bollywood. Come poi non citare il leggendario  “50 cent army” cinese, che, no, non è un fanclub
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    di 50 Cent. Commentatori assoldati dal governo  cinese e pagati 50 centesimi di yuan a post,
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    anche se alcune ricerche sostengono che questi  non siano altro che membri del Partito Comunista
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    che si fingono comuni cittadini, e che questa  opera social rientri a tutti gli effetti nei
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    loro doveri istituzionali. Il motto  potrebbe essere “censura e trolla”.
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    Un caso simile alla situazione cinese,  con esponenti governativi e politici
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    intenti a trollare, si è verificato di recente  a Malta. La giornalista Dafne Caruana Galizia,
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    già prima di essere assassinata nell’ottobre 2017,  era stata più volte vittima di diversi attacchi
  • 00:17:13
    online sia sul suo blog, sia sui social dove  giravano, in gruppi privati Facebook, vignette e
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    meme offensivi che ventilavano minacce di stupro.  Gruppi spesso gestiti da dipendenti governativi e
  • 00:17:24
    i cui membri appartenevano al partito laburista.  Insomma, paese che vai, troll che trovi. Nel 2019,
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    ad esempio, una giornalista investigativa polacca  sotto copertura, Katarzyna Pruszkiewicz, era
  • 00:17:35
    riuscita a farsi assumere da una piccola agenzia  di marketing di Breslava: la Cat@Net. Un’agenzia
  • 00:17:40
    di digital marketing come altre, specializzata  nel fornire un’immagine positiva di aziende,
  • 00:17:46
    privati e istituzioni pubbliche sui social media.  Come primo compito però le fu chiesto di creare
  • 00:17:50
    un avatar sui social tramite cui condividere  contenuti sociali e politici e racimolare i
  • 00:17:55
    primi 500 follower. Una volta passato questo  primo step, la giornalista è stata ammessa
  • 00:18:00
    nei circoli comunicativi interni all’azienda.  I manager inoltravano ai dipendenti, ognuno
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    dei quali disponeva di decine di account social,  indicazioni precise sui contenuti da diffondere
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    e sugli obiettivi da denigrare o promuovere.  Gli account gestiti dalla giornalista dovevano
  • 00:18:14
    in particolare promuovere i contenuti della tv  di stato, TVP, ampiamente criticata in patria,
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    e denigrare le legittime critiche mosse sui  social. Un altro cliente era un candidato al
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    parlamento europeo, di sinistra, sotto i contenuti  social del quale Cat@Net avrebbe risposto tramite
  • 00:18:29
    almeno 90 account diversi. Questo esempio ci  è utile per capire come l’attività di trolling
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    spesso si nasconda in una zona oscura, a  cavallo tra legalità e illegalità. Nessuno
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    vieta a un russo di commentare i problemi  sociali americani, così come un filippino
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    è liberissimo di diffondere sui social gli  slogan del suo presidente preferito. È pertanto
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    difficile in alcuni casi trovare la linea di  confine tra libertà di pensiero e trolling,
  • 00:18:55
    tra semplice violazione dei regolamenti delle  community e reati penali. A inguaiare i troll
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    russi, ad esempio, fu la creazione di false  identità statunitensi, o il furto di esse,
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    con lo scopo di aggirare tutti i controlli statali  volti a prevenire e sventare possibili ingerenze
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    esterne sulla politica nazionale. Infatti, la  legge statunitense vieta che nazioni straniere
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    spendano o sostengano finanziariamente qualsiasi  attività elettorale, così come vieta a soggetti
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    o agenti stranieri di svolgere attività  politica senza prima registrarsi e dichiararsi
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    all’amministrazione nazionale. Un altro  problema è che internet, più che la sicurezza,
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    garantisce un certo grado di anonimato. Tuttavia,  negli ultimi anni diverse inchieste giornalistiche
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    hanno scoperto casi di trolling governativi in  giro per il mondo, spesso in seguito alle denunce
  • 00:19:38
    pubbliche degli stessi giornalisti vittime degli  attacchi social. Uno degli studi più rilevanti in
  • 00:19:43
    merito è il report State-Sponsored Trolling.  Ci possiamo trovare dentro un po’ di tutto.
  • 00:19:47
    Casi di classici attacchi a blogger, attivisti e  giornalisti come scoperto ad esempio in Bahrein,
  • 00:19:52
    dove già durante le agitazioni del 2011 girava un  account di Twitter col sinistro nickname 7areghum,
  • 00:19:58
    con il termine Haregum che è traducibile come  “colui che li brucia”. Gli eretici, suppongo.
  • 00:20:03
    L’account svelava pubblicamente le identità dei  manifestanti, diffondendone dati e indirizzi,
  • 00:20:09
    e incitando altri utenti a fare altrettanto.  Non mancano poi casi come il Venezuela,
  • 00:20:14
    dove l’istituzione di una autentica Digital  Militia è apertamente sponsorizzata dal
  • 00:20:18
    governo di Nicolas Maduro. Ti insegnano le  basi dei social, ti inviano il materiale
  • 00:20:22
    da condividere ed è fatta. Tutto in cambio di  buoni alimentari, che in venezuela si sa, sono
  • 00:20:27
    preziosi. Com’è umano Mango Maduro. Oppure, come  non citare paesi dove ormai è abituale l’attività
  • 00:20:36
    quotidiana e automatizzata di migliaia di bots  a sostegno dei presidenti. Accadeva nel Messico
  • 00:20:41
    di Enrique Pena Nieto, sostenuto da migliaia  di “Penabots”, e accade tutt’oggi in Turchia,
  • 00:20:46
    dove sarebbero 6mila i volontari del New Turkey  Digital Office, noti anche come AK Trolls.
  • 00:21:48
    Tutto ciò ci dimostra che, al  giorno d’oggi, complice l’ascesa
  • 00:21:51
    delle intelligenze artificiali, dobbiamo stare  ancora più attenti su internet e sui social,
  • 00:21:55
    centellinando le informazioni che riceviamo,  e possibilmente proteggendo i nostri dati,
  • 00:22:00
    cosa che per esempio possiamo fare grazie  all’aiuto di NordVPN, che ringrazio ancora
  • 00:22:05
    per aver supportato questo video. In pratica,  la democrazia viene messa alla prova ancora
  • 00:22:10
    una volta, in mille modi diversi. Soltanto  che in questo caso la cosa peggiore che può
  • 00:22:14
    accadere non è l’apparizione un goliardico  Rickroll - per intenderci… questo: (musica).
  • 00:22:24
    Ma la cosa peggiore è che rischiamo di  rincoglionirci al punto tale da dare ragione
  • 00:22:29
    a dei mentecatti che hanno l’unico scopo di farci  cambiare idea. Per aspera ad quello che volete.
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