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Ciao a tutti amici di Vanilla! Oggi parliamo di
un personaggio davvero notevole, l’imperatore
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Carlo V, un uomo determinato, potente, tenace. E
per parlare di lui partiamo da un luogo preciso,
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che ci dà un’idea chiara del mondo e del tempo
in cui è vissuto: mi riferisco al suo Palazzo
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sulla collina dell’Alhambra a Granada. Proprio
in questa città l’imperatore e sua moglie,
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Isabella di Portogallo, trascorrono la luna
di miele, innamorandosi perdutamente delle sue
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meraviglie e conservandone per sempre un caro
ricordo. Per questi motivi Carlo fa costruire
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il palazzo che ancora oggi porta il suo nome,
un elegante edificio rinascimentale con cui
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esprime sì il suo amore per la città, ma anche
il suo potere. È infatti a capo di un impero
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grandissimo che comprende una parte dell’Europa
e alcune delle terre appena scoperte in America,
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lui stesso lo definisce l’impero
su cui non tramonta mai il sole.
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Carlo nasce a Gand, nelle Fiandre, il 24 febbraio
1500, dall’arciduca d’Austria Filippo il Bello,
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a sua volta figlio dell’imperatore del Sacro
Romano Impero Massimiliano I d’Asburgo,
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e da Giovanna, figlia di Ferdinando d’Aragona
e di Isabella di Castiglia. Giovanna è passata
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alla storia come ‘la pazza’, per via di
una patologia probabilmente ereditata da
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sua nonna. Ha un carattere molto delicato,
ed è devastata dalle continue gravidanze e
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dall’infedeltà del marito, di cui è profondamente
innamorata. Riceve il colpo di grazia quando
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l’uomo muore nel 1506: le fonti ci dicono che
trascorre le notti portando in giro la salma,
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che fa aprire spesso la bara per accertarsi della
presenza del cadavere e che permette la sepoltura
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solo dopo le molte insistenze della famiglia.
Per questo motivo Carlo, così come i suoi fratelli
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e sorelle, viene allontanato dalla madre e la
rivedrà solo molti anni dopo, quando sarà già re.
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Alla morte del padre il bambino eredita i Paesi
Bassi, ma ha bisogno di un tutore all’altezza: suo
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nonno, l’imperatore Massimiliano, decide quindi
di affidarlo alla figlia Margherita d’Austria,
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vedova del duca Filiberto di Savoia. È una donna
colta, intelligente, che scambia molte lettere
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con suo padre parlando di politica. Diventa
quindi reggente dei Paesi Bassi al posto del
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nipote Carlo, e in questo compito la affiancano
i suoi eccezionali consiglieri. Tra questi uno in
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particolare avrà un ruolo importantissimo
nella vita di Carlo: parlo di Mercurino
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Arborio di Gattinara, nato a Vercelli nel 1465,
eccellente studioso e formidabile giurista. Sarà
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lui a diventare il gran cancelliere e il braccio
destro di Carlo, ma di questo parleremo tra poco.
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Durante la sua infanzia il futuro imperatore
è affiancato da personaggi importantissimi,
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come Adriano di Utrecht, il futuro papa Adriano
VI, che lo educa alla religione cattolica,
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e Guillaume de Croy, signore di Chièvres e membro
della corte borgognona (a cui Carlo era legato
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per via della nonna, Maria di Borgogna), che gli
insegna le regole della vita di corte e lo rende
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partecipe delle vicende politiche. Il giovane ha
quindi a disposizione i migliori maestri che si
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possano desiderare, anche se preferisce l’attività
fisica allo studio: è infatti abilissimo
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nell’equitazione, nella caccia e nei tornei.
Nel 1515 Carlo diventa maggiorenne e inizia
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a viaggiare nel suo regno. L’anno dopo muore
suo nonno Ferdinando, ed eredita l’Aragona,
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la Castiglia, il regno di Napoli e le terre
nel Nuovo Mondo. Deve però fare i conti con
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la realtà della Spagna, paese molto complesso:
l’unità politica è debole, le ferite legate alle
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lotte contro i Mori sono ancora fresche. Negli
ultimi anni si è creata una nobiltà guerriera
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che vuole mantenere il proprio potere senza
considerare l’autorità centrale. La chiesa
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inoltre è molto potente, soprattutto il Tribunale
dell’Inquisizione, che ha un ruolo praticamente
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statale. La situazione è però destinata a cambiare
nel corso del 500 con l’arrivo dell’umanesimo,
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movimento culturale che si concentra sullo studio
della lingua e della letteratura greca e latina,
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considerate un mezzo indispensabile per rendere
l’uomo migliore. Carlo non è preparato per gestire
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una situazione del genere, e per molto tempo
dopo essere diventato re non va in Spagna,
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cosa che provoca l’indignazione dei suoi sudditi,
furiosi per la distanza del sovrano e per il suo
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scarso interesse. Il potere oltretutto è diviso in
una maniera un po’ difficile da comprendere per il
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popolo: chi ha davvero autorità, il re lontano o
il reggente in Spagna, Adriano di Utrecht? Inoltre
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quest’ultimo non ha un ruolo ben definito, il vero
potere è spartito tra il reggente di Castiglia,
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il cardinale Jiménez, e quello di Aragona,
l’arcivescovo di Saragozza. Protagoniste di questo
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periodo turbolento sono le Cortés, assemblee
nazionali indette dal re: sono convocate nel
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1516 ma subito sciolte e per diverso tempo non
vengono riunite. Il timore è che Carlo le privi
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della loro autorità, timore più che fondato dal
momento che proprio a partire da questo momento le
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Cortés perderanno sempre di più la loro influenza.
Come se non bastasse, la popolazione non vede di
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buon occhio i principali esponenti del governo, il
signore di Chièvres, di cui abbiamo già parlato,
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e Sauvage, il gran cancelliere. Quando questo
muore gli succede Mercurino di Gattinara, che nel
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tempo creerà rapporti migliori con gli spagnoli.
Nel 1519 muore l’imperatore Massimiliano I
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d’Asburgo: il trono del Sacro Romano Impero è
vacante. Anche in Germania la situazione non
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è delle migliori: sono territori ancora molto
legati all’impianto medievale, ci sono principi
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e signori locali che a livello formale sono
dipendenti dall’imperatore, ma di fatto sono
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liberi di fare quel che vogliono. Il sacro romano
impero si estende dalla Germania al nord Italia,
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dalla Borgogna alla Boemia. È un territorio
molto variegato dal punto di vista culturale.
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La corona imperiale si ottiene tramite elezione,
non per via ereditaria, grazie alla decisione
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di un consiglio di nobili, i principi elettori,
signori dei vari ducati che compongono il regno
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di Germania. Il monarca eletto deve inoltre avere
l’approvazione del papa, così che la sua carica
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sia ufficiale sotto tutti i punti di vista. Sono
in molti a farsi avanti per ottenere la corona,
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incluso il re di Francia Francesco I, e Carlo
si oppone con tutte le sue forze, rivendicando
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il proprio diritto in quanto nipote del defunto
imperatore. Ma Carlo non ha l’approvazione del
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papa, che si dichiara a favore di Francesco I,
promettendo importanti ricompense agli elettori:
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paradossalmente, è proprio questo elemento ad
agire in favore del giovane re di Spagna. Infatti
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il regno di Francia è, in generale, mal visto per
via dei suoi atteggiamenti aggressivi e arroganti
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in fatto di politica estera, e il potere del
papa non è più solido come un tempo a causa del
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diffondersi del luteranesimo. In più i principi
elettori in passato avevano apprezzato molto le
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virtù dell’imperatore Massimiliano, guardando
quindi con favore l’elezione di suo nipote.
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Bisogna dire però che Carlo non è stato per
niente avaro in fatto di regali e favoritismi per
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garantirsi il voto dei principi tedeschi. Il papa
cerca quindi di favorire l’elezione di Federico di
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Sassonia, anche lui candidato, ma Carlo viene
eletto all’unanimità nel 1519: è il quinto
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imperatore del Sacro Romano Impero a portare
questo nome, che nell’immaginario collettivo
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lo accomuna al grande Carlo Magno. Mercurio di
Gattinara, nominato gran cancelliere un anno
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prima, vede subito in questa elezione un segno del
destino, crede che il suo sovrano sia destinato
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alla grandezza e si dà subito da fare per
consigliarlo al meglio e fare di lui il capo della
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cosiddetta monarchia universale, uno dei grandi
ideali dell’umanesimo, e della cristianità. Come
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testimoni di questa volontà abbiamo i carteggi e
i memoriali che il Gattinara indirizza a Carlo,
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parlando di argomenti politici e morali.
A questo punto gli stati europei devono rivalutare
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i loro rapporti: Francesco I ha subito una
cocente umiliazione e la situazione è complicata
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ulteriormente dal fatto che, almeno sulla
carta, sua figlia è promessa sposa di Carlo V,
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che nel frattempo viene incoronato ad Aquisgrana
il 23 ottobre 1520. La Francia è in una situazione
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poco invidiabile, si trova schiacciata
tra i possedimenti del nuovo imperatore;
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inoltre l’Inghilterra, che inizialmente aveva
cercato di ostacolare l’elezione di Carlo,
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mantiene con entrambi un atteggiamento
ambiguo, facendo buon viso a cattivo gioco.
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A questo punto della sua vita Carlo è a capo di
un impero vastissimo, che comprende i Paesi Bassi,
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la Borgogna, la Spagna, i regni di Napoli, Sicilia
e Sardegna, i possedimenti spagnoli in Africa del
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Nord, nel Messico e nei Caraibi, il Sacro Romano
Impero e l’eredità dell’arciducato d’Austria,
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ricevuta dal nonno Massimiliano. Il primo problema
che deve affrontare in quanto imperatore è la
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riforma protestante: convoca la Dieta di Worms
nel 1521, per tentare di sanare la ferita che
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Lutero stava infliggendo all’Europa cristiana.
Carlo deve fare i conti con la società tedesca,
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che ha bisogno di un capo che la rappresenti,
ma ancora una volta lui non conosce a fondo
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il territorio che deve governare, incontrando
quindi numerose difficoltà. Carlo è fermamente
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rivolto verso la curia romana, ed è incapace di
comprendere le necessità della Germania spaccata
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in due dalla riforma protestante a livello sia
religioso sia sociale. Naturalmente si serve della
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Dieta di Worms anche per risolvere questioni
politiche e per rafforzare il proprio potere,
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ma la tematica religiosa è la più spinosa: come
abbiamo detto, l’imperatore è molto cattolico e
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non è propenso ad accettare la richiesta che gli
fanno i principi tedeschi, ovvero permettere a
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Lutero di presentarsi alla Dieta per spiegare il
proprio punto di vista. Carlo è però costretto
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ad accettare e firma un salvacondotto per il
monaco, che si presenta a Worms dopo un viaggio
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trionfale. Lutero fa un discorso che suscita
una grande impressione sui suoi contemporanei,
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rispondendo alle accuse mosse contro di lui:
“Finché non sarò contraddetto dalla Sacra
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Scrittura o dalla limpida ragione, non posso né
voglio sconfessare niente, perché agire contro
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coscienza è penoso e pericoloso. Dio mi aiuti,
Amen.” Carlo sa bene che l’editto che seguirà
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la Dieta è il suo primo documento ufficiale
come imperatore, e vuole sfruttarlo per agire
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concretamente nel mondo tedesco, senza limitarsi
a guardarlo da fuori. L’editto di Worms è scritto
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di suo pugno ed è la sua professione di fede: si
dichiara devoto in tutto e per tutto alla chiesa
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romana, in virtù della sua eredità culturale
e politica, afferma che quando un singolo si
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oppone all’opinione di tutta la cristianità
deve essere per forza in torto, e che lui è
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deciso a non permettere che l’eresia si infiltri
all’interno della religione cristiana. Conferma il
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salvacondotto per Lutero, ma afferma energicamente
che ai suoi occhi il monaco è un eretico. A Worms
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muore uno dei mentori di Carlo, Guillaume de
Croy, il signore di Chièvres, e ad acquisire
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definitivamente il ruolo di braccio destro
dell’imperatore è Mercurino Arborio di Gattinara.
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Ora dobbiamo parlare un po’ di questo
interessante personaggio: esperto di
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diritto, ha lavorato a lungo per l’imperatore
Massimiliano e sua figlia, Margherita d’Austria,
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grazie all’elevata cultura e alla profonda
competenza. In quanto gran cancelliere i
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suoi compiti principali sono sigillare gli atti
regi, garantirne la validità e dirigere l’apparato
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giudiziario. Importantissime sono le sue doti
di giurista e la sua capacità di parlare diverse
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lingue: un altro dei compiti che svolge infatti
è parlare con i rappresentanti diplomatici,
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con cui introduce nuovi metodi di negoziazione.
È ben inserito nella cultura del suo tempo,
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scambia lettere con Erasmo da Rotterdam
ed ha un carattere deciso, determinato,
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in grado di andare contro il suo imperatore se
lo ritiene necessario per il bene dell’impero
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e del sovrano. Proprio per questo Carlo e il gran
cancelliere discuteranno spesso, ma si mostreranno
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quasi sempre uniti di fronte alle avversità.
Mercurino svolge con passione il proprio ruolo,
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anche quando la salute o i problemi familiari
glielo rendono difficile. Possiamo notare il
00:11:42
suo enorme sforzo nel guidare Carlo attraverso
le lettere e i memoriali mandati all’imperatore,
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che riguardano argomenti finanziari, politici,
morali e religiosi. Il sogno del gran cancelliere,
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come quello di molti intellettuali
cinquecenteschi, è creare un impero
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universale: con questa espressione si intende
una forma di governo che assicuri la pace,
00:12:01
la stabilità, la felicità. Insomma, quanto di
più vicino alla perfezione possa esistere sulla
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terra. La religione cristiana è alla base di
questo pensiero, e Carlo prende il suo ruolo
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di difensore della fede molto seriamente,
come abbiamo visto nell’editto di Worms.
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Nel 1521 dalla Spagna arrivano cattive notizie: i
sudditi si sentono trattati ingiustamente dal re,
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che non vive in patria, per questo nascono nuove
rivolte e il popolo chiede un governo autonomo. I
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problemi sociali in questo paese però sono tanti,
e, come ricordano gli stessi funzionari regi,
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"la Castiglia non è abituata a stare senza Re”.
Dunque alla fin fine gli spagnoli sono disposti
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a mantenere la monarchia, a condizione però
che il sovrano nomini luogotenenti nazionali,
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riduca le tasse, riformi l'amministrazione
e la giustizia. Carlo nomina come reggenti,
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accanto ad Adriano di Utrecht, il Connestabile
di Castiglia Velasco e l’ammiraglio Enrìquez,
00:12:53
che riuniscono un esercito più numeroso di
quello dei ribelli e ottengono la vittoria.
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Ma il futuro riserva scenari ben peggiori: di lì
a pochissimo tempo scoppia il conflitto con la
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Francia di Francesco I, che ha avuto per molto
tempo un rapporto privilegiato con il papa:
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i due firmano nel 1516 il Concordato di Bologna,
con cui Francesco I revoca la Prammatica sanzione
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di Bourges, risalente al 1438. Questa dichiarava
il re protettore dei diritti della Chiesa in
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Francia, limitando l’autorità papale. Il rapporto
privilegiato però si sta sgretolando: Francesco I
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continua a chiedere favori alla curia romana, e
il papa è sempre più preoccupato dall’avanzata
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dei Turchi, che fanno pressione sulle coste
adriatiche e sono guidati da un nuovo re,
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Solimano il Magnifico. Il regno di Napoli
e la Spagna gli offrirebbero una migliore
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protezione. Trovandosi schiacciato tra il potere
di Francesco I e di Carlo V il papa è indeciso,
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tentennante sulla politica da intraprendere.
Leone X sceglie infine di appoggiare Carlo,
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e la loro alleanza ha risvolti importanti:
l’imperatore vuole restaurare il potere degli
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Sforza su Milano, togliendola ai francesi, e si
impegna ad aiutare il papa nelle questioni legate
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alla politica italiana, mentre il pontefice
accetta di dargli il benvenuto nella penisola
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e di incoronarlo personalmente. L’interesse di
Carlo per l’Italia è stato certamente fomentato
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da Mercurino di Gattinara, anti francese, che
ha a cuore il destino della penisola. Bisogna
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però ricordare che l’Italia è il centro di
conflitti sin dalla fine del Quattrocento,
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quindi la guerra tra Francesco I e Carlo V è solo
l’ennesimo atto di una tragedia molto più lunga.
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Questa guerra si apre nel 1521 e finisce quattro
anni più tardi con la famosa battaglia di Pavia,
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in cui l’esercito francese viene sconfitto e il
re è fatto prigioniero. Lo scontro avviene il 24
00:14:38
febbraio 1525 e, ironia della sorte, all’inizio
Francesco I crede di occupare una posizione
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strategica sul campo di battaglia, si sente al
sicuro e in vantaggio. Gli alti e i bassi sono
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tanti, il sovrano crede di essere sul punto
di vincere, tanto da gettarsi nella mischia:
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ma un attacco proveniente dalla città
prende di fianco le truppe francesi,
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sbaragliandole. La situazione che si crea è
davvero complicata: un re di Francia prigioniero
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di un sovrano straniero! Il Gattinara vede in
questo avvenimento una straordinaria occasione
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per Carlo di creare davvero quella monarchia
universale tanto sognata, non perde tempo e
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lo incoraggia a ridimensionare il potere della
Francia acquisendo la Borgogna e la Provenza,
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per poi aprire una via di comunicazione diretta
tra l’Italia e la Spagna. Carlo non ascolta il
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suo gran cancelliere e sceglie invece la pace
con il nemico, esigendo solo la Borgogna e il
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matrimonio di Francesco I con Eleonora d’Austria,
sorella dell’imperatore. Il Gattinara si arrabbia
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parecchio e minaccia di lasciare la propria
carica, ma Carlo riesce a fargli cambiare idea
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promettendo di rimediare ai suoi numerosi debiti.
Per ottenere la libertà Francesco I è costretto
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a firmare una pace con cui rinuncia
ai territori in Italia e Borgogna,
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offrendo in ostaggio al proprio posto niente di
meno che i suoi due figli maschi, che porteranno
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per sempre i segni della prigionia in Spagna. Una
volta libero, Francesco I dichiara subito nullo
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il contratto firmato, e insieme al nuovo papa
Clemente VII dà vita alla Lega di Cognac,
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a cui aderiscono anche il ducato di Milano, la
repubblica di Genova, la repubblica di Venezia
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e la Firenze dei Medici. Nonostante questo, il
matrimonio di Francesco I con la sorella di Carlo,
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Eleonora, avviene, e nel 1526 anche l’imperatore
si sposa: la moglie scelta per lui è sua cugina
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Isabella, figlia del re di Portogallo e di
Maria di Castiglia. Subito dopo le nozze i
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due passano momenti di pace e serenità nel palazzo
dell’Alhambra, a Granada, e la coppia avrà quattro
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figli: Filippo, Giovanni, Ferdinando e Maria.
La serenità però non dura, il conflitto con la
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Francia deve riprendere e la situazione in
Europa è drammatica. Proprio l’alleanza tra
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Francesco I e il papa è causa di uno degli eventi
più drammatici del XVI secolo: il sacco di Roma,
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avvenuto nel 1527. Per un sovrano cristiano come
Carlo combattere contro il papa costituisce un
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problema serio: ancora una volta interviene il
Gattinara, che si rivolge al Consiglio regio di
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Castiglia e permette alla Corona di far valere
il diritto di difendere i propri domini con le
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armi sempre e comunque, anche contro il papa.
Protagonisti indiscussi del Sacco di Roma sono
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i lanzichenecchi, truppe di mercenari tedeschi,
luterani, che hanno già combattuto in passato per
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Carlo. Rimasti senza paga a causa delle magre
finanze dell’esercito, questi soldati danno
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la colpa al papa della loro misera condizione,
decidono di assaltare Roma e la saccheggiano. La
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violenza dilaga in città e va avanti per diversi
mesi, tanto che il papa è costretto a barricarsi
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dentro Castel Sant’angelo. Carlo aveva cercato
di impedire questo tragico evento, ma alla fine
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tenta di guadagnarci il più possibile: bisogna
dire che in un momento così delicato era privo
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del suo gran cancelliere che, sempre più consumato
dalle preoccupazioni e dai problemi di salute, si
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era deciso a tornare in Italia per un periodo. In
realtà non vi giungerà mai, e apprende la notizia
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del sacco di Roma mentre si trova a Monaco: qui
scrive subito all’imperatore, dicendogli che
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ha solo due possibilità, dire che quanto accaduto
è stato una sua precisa volontà oppure addossare
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la colpa ai generali e spingere il papa a cercare
la pace. Il pontefice firma un accordo alla fine
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del 1527, perdendo luoghi strategici dei suoi
dominii e pagando una somma importante. I trattati
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dei mesi successivi segnano finalmente l’inizio
di un periodo di pace, e nel febbraio del 1530
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Carlo V viene incoronato imperatore per mano del
papa a Bologna, nella chiesa di San Petronio:
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la cerimonia di certo non poteva svolgersi
a Roma, dove il dolore e la rabbia per le
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violenze dei lanzichenecchi erano ancora forti.
L’entrata di Carlo a Bologna è trionfale,
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e ricorda addirittura quelle degli imperatori
romani. Le cerimonie di incoronazione in realtà
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sono due, si svolgono in fasi distinte e in giorni
diversi: la prima è il 22 febbraio, quando Carlo
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riceve la Corona ferrea dei longobardi diventando
ufficialmente re d’Italia, mentre l’incoronazione
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a imperatore avviene il 24 febbraio, giorno del
suo trentesimo compleanno. A ungerlo con l’olio
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santo è il cardinale Alessandro Farnese, che di
lì a poco verrà eletto papa col nome di Paolo III.
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Ma i problemi a cui far fronte sono ancora tanti:
troppo impegnato nella guerra contro Francesco I,
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Carlo non aveva potuto concentrarsi sulla
diffusione in Germania del movimento luterano,
00:19:12
considerevole anche tra i principi elettori.
Carlo fino ad ora si è mantenuto su una posizione
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equilibrata, e per accontentare i signori tedeschi
ha concesso loro la libertà di religione. Ma ora
00:19:22
che ha fatto pace col papa la situazione è
diversa. Questo periodo è segnato anche dalla
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morte del suo consigliere, Mercurino Arborio
di Gattinara, avvenuta il 5 giugno 1530. Carlo
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non sceglie un successore, ma suddivide i compiti
che erano stati del gran cancelliere tra diversi
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funzionari: probabilmente le discussioni con il
Gattinara erano state tante, e non se la sentiva
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più di avere accanto una figura così ingombrante.
Ma torniamo alla questione religiosa in Germania:
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ci sono importanti ripercussioni a livello
sociale, solo pochi anni prima i principi
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tedeschi cattolici e quelli luterani si erano
scontrati duramente. Quando Carlo ordina ai
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nobili riformati di tornare alla fede cattolica
entro sette mesi, nasce la lega di Smalcalda,
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formata dall’elettore Giovanni di Sassonia e altri
rappresentanti delle città luterane. Inizia uno
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scontro politico, religioso e militare che Carlo
vince a Muhlberg nel 1547. A dare una svolta
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sarà infine la pace di Augusta del 1555, che
stabilisce il famoso principio del ‘cuius regio,
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eius religio’, ovvero il diritto dei principi di
scegliere la propria fede e di imporla ai sudditi.
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Dal 1530 in poi Carlo si dedica al riordinamento
dei suoi stati, facendo riforme economiche
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e amministrative. Si concentra anche sulla
questione dei Turchi, che creano molti problemi
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nel Mediterraneo: a capo dell’impero ottomano c’è
ancora Solimano il Magnifico, che vuole espandere
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i suoi dominii verso l’Europa, a ovest, e verso
l’impero persiano, a est. Nel 1529 era arrivato
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addirittura alle porte di Vienna, ma era stato
respinto. Solimano stringe anche un’alleanza
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militare e commerciale con Francesco I proprio
per cercare di danneggiare Carlo. Questi allora
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parte per una spedizione insieme ad altri stati
italiani contro Tunisi, da poco occupata dal
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pirata Barbarossa, e per un po’ la situazione nel
Mediterraneo migliora. La vera vittoria navale
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dei cristiani contro i turchi, però, si avrà
soltanto nel 1571 con la battaglia di Lepanto.
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Carlo deve occuparsi di molti problemi, tra cui
ancora Francesco I, che cerca di riprendersi il
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ducato di Milano dopo la morte dell’ultimo
duca, Francesco II Sforza. Anche da questo
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scontro Carlo esce vincitore nel 1544, firmando
con la Francia la pace di Crépy, in cui il
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nemico ottiene condizioni tutto sommato buone.
A questo punto della sua vita Carlo è stanco e
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deluso: certo, ha ottenuto grandi successi,
ma sente di aver fallito nel suo compito più
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importante, mantenere unita l’Europa cristiana.
Anche a livello politico le cose non sono andate
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come sperava: la Francia è ancora uno stato forte,
pronto a reagire alla prima occasione, la Germania
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è ancora divisa, i turchi hanno conservato
intatto il loro potere e i problemi delle
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colonie oltreoceano sono tanti. È dunque un uomo
disilluso e amareggiato, che fa sempre più fatica
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a sostenere il proprio ruolo, che delega molto
spesso i figli per gli incarichi istituzionali e
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politici importanti. Matura inoltre pensieri molto
cupi che lo spingono sempre più verso la religione
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e a volersi ritirare dal mondo: inizia quindi a
pensare all’abdicazione, che avviene gradualmente.
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All’inizio rinuncia ai poteri sovrani dell’Ordine
del Toson d’oro, l’ordine cavalleresco fondato da
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Filippo il Buono nel 1431. Successivamente affida
a suo figlio Filippo i Paesi Bassi durante una
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commovente cerimonia a Bruxelles, ampiamente
descritta dai contemporanei, e nel 1556 abdica
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al trono di Castiglia, di Aragona, di Sicilia
e delle Nuove Indie, mentre della Germania si
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occupa suo fratello, Ferdinando. L’anno dopo Carlo
si stabilisce definitivamente a San Jeronimo de
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Yuste, in Spagna, dove trascorre in tranquillità
i suoi ultimi anni, dedicati alla contemplazione
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della natura, alla religione e a sporadici
interventi nelle questioni politiche. Le sue
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condizioni di salute si aggravano sempre di più a
causa della gotta, ad un certo punto soffre così
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tanto da non voler più ricevere nessuno, nemmeno i
figli. L’imperatore Carlo V muore il 21 settembre
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1558 con la serenità di un uomo estremamente
religioso, quale lui era. L’impressione generale,
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come ricorda Karl Brandi, il suo biografo più
importante, è quella di aver perso un grand’uomo,
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audace, intraprendente, saggio. Il figlio di
Carlo, Filippo II, fa costruire tra gli anni
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Sessanta e gli anni Ottanta del Cinquecento
il grande complesso religioso dell’Escorial,
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nel cui Pantheon sono raccolti i resti dei
monarchi spagnoli. Ancora oggi lì riposa Carlo V,
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accanto a sua moglie Isabella, proprio
come lui aveva espressamente richiesto.