REFERENDUM 8-9 GIUGNO 2025: tutto quello che devi sapere. Le ragioni del SI e quelle del NO.

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https://www.youtube.com/watch?v=FUc3K46xixo

Resumo

TLDRIl video analizza i cinque referendum abrogativi che si terranno in Italia l'8 e 9 giugno 2025. Ogni referendum riguarda la cancellazione o modifica di leggi esistenti, con particolare attenzione a temi come i diritti dei lavoratori, la sicurezza sul lavoro e i requisiti per la cittadinanza. Si discute il contesto di ciascun quesito, le ragioni a favore e contro, e le posizioni politiche in merito. L'autore si propone di rimanere imparziale, invitando gli spettatori a formarsi un'opinione personale.

Conclusões

  • 🗳️ I referendum si terranno l'8 e 9 giugno 2025.
  • 📜 Si vota per abrogare o modificare leggi esistenti.
  • 👥 È necessario che voti almeno la metà più uno degli aventi diritto.
  • 📊 Cinque quesiti riguardano lavoro e cittadinanza.
  • 🔍 L'autore rimane imparziale per favorire un'opinione personale.
  • 💬 I sostenitori del sì e del no presentano argomentazioni diverse.
  • 🏛️ Importanza della democrazia diretta e partecipazione attiva.
  • ⚖️ I referendum toccano aspetti fondamentali della vita collettiva.
  • 📈 Le posizioni politiche variano tra i partiti.
  • 🤔 Si invita a commentare per approfondimenti e opinioni.

Linha do tempo

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    Il video analizza i cinque referendum abrogativi che si terranno in Italia l'8 e 9 giugno 2025, spiegando il processo di voto e l'importanza di partecipare. Ogni referendum riguarda la cancellazione o modifica di leggi esistenti, e per essere validi è necessaria la partecipazione di almeno la metà degli aventi diritto. Si sottolinea l'imparzialità dell'analisi, invitando gli spettatori a formarsi un'opinione informata.

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    Il primo quesito riguarda il contratto a tutele crescenti, che modifica le tutele contro i licenziamenti illegittimi. Il sì abolirebbe il decreto, ripristinando maggiori diritti al reintegro, mentre il no sostiene che la flessibilità attuale favorisca le assunzioni. Il secondo quesito si concentra sui licenziamenti nelle piccole imprese, proponendo di eliminare il tetto massimo all'indennizzo. Il sì mira a garantire risarcimenti più equi, mentre il no teme per la stabilità economica delle piccole imprese. Il terzo quesito riguarda i contratti a termine, ripristinando l'obbligo di causali, mentre il no teme una riduzione della flessibilità per le imprese. Il quarto quesito si occupa della responsabilità negli appalti, estendendo la responsabilità del committente, e il quinto riguarda i requisiti per la cittadinanza, proponendo di ridurre il periodo di residenza da 10 a 5 anni. Il dibattito è acceso, con diverse posizioni politiche che si schierano a favore o contro i quesiti.

Mapa mental

Vídeo de perguntas e respostas

  • Quando si vota per i referendum abrogativi?

    Si vota l'8 giugno dalle 7:00 alle 23:00 e il 9 giugno dalle 7:00 alle 15:00.

  • Cosa sono i referendum abrogativi?

    Chiedono se vogliamo cancellare o modificare leggi esistenti.

  • Qual è il primo quesito referendario?

    Riguarda l'abrogazione del contratto a tutele crescenti del Jobs Act.

  • Cosa prevede il secondo quesito?

    Riguarda i licenziamenti nelle piccole imprese e l'indennizzo massimo.

  • Qual è il terzo quesito?

    Riguarda la regolamentazione dei contratti a tempo determinato.

  • Cosa tratta il quarto quesito?

    Riguarda la responsabilità negli appalti e la sicurezza sul lavoro.

  • Qual è l'ultimo quesito referendario?

    Riguarda i requisiti per ottenere la cittadinanza italiana.

  • Chi sostiene il sì ai referendum?

    Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra.

  • Chi si oppone ai referendum?

    La maggioranza di governo, Fratelli d'Italia, Lega, Forza Italia.

  • Qual è l'importanza di questi referendum?

    Riguardano diritti dei lavoratori, sicurezza sul lavoro e percorsi di cittadinanza.

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    Me l'avete chiesta in molti questa
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    analisi, quindi oggi approfondirò i
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    cinque referendum abbrogativi su cui noi
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    italiani saremo chiamati a votare l'8 e
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    il 9 giugno 2025. I referendum sono
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    tutti di tipo abrogativo, cioè ci
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    chiedono se vogliamo cancellare o
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    modificare delle leggi esistenti. Per
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    essere validi serve che vada a votare la
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    metà più un degli aventi diritto.
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    Vediamo innanzitutto come si vota. Come
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    vi dicevo, la data prevista è quella
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    dell'8 giugno dalle 7:00 alle 23 e il
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    lunedì 9 giugno dalle 7:00 alle 15:00.
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    Per votare basta presentarsi al proprio
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    seggio con un documento diidentità e con
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    la tessera elettorale. Ogni elettore
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    riceverà cinque schede di colore
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    diverso, una per ciascun quesito. Su
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    ogni scheda si potrà votare o sì per
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    abbrogare la norma oppure no per
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    mantenerla com'è adesso. E voglio fare
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    una premessa, in questo video io farò un
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    lavoro assolutamente imparziale, non
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    lasciando trasparire nulla di ciò che
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    penso, proprio per dare a tutti gli
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    strumenti di valutare con la propria
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    capoccia quello che bisogna votare e
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    quello che non bisogna votare. Poi se
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    qualcuno di voi vuole anche la mia
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    opinione me lo scrivesse nei commenti,
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    magari farò un video più specifico in
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    cui ne parlo apertamente. Allora,
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    vediamoli singolarmente questi quesiti.
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    Il primo contratto a tutele crescenti
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    identificato con la scheda Verde chiaro.
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    Questo primo quesito riguarda
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    l'abrogazione del decreto legislativo
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    numero 23 del 2015 che è parte del Jobs
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    Act, provvedimento normativo voluto dal
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    governo Renzi. Questa riforma ha
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    modificato profondamente le tutele
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    contro i licenziamenti illegittimi,
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    sostituendo in molti casi il reintegro
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    nel posto di lavoro con un indennizzo
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    economico. Vediamo che cosa prevede la
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    legge attuale. per i lavoratori assunti
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    dopo il 7 marzo 2015 nelle aziende con
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    più di 15 dipendenti. In caso di
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    licenziamento illegittimo la legge
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    prevede principalmente un indennizzo
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    economico, quindi nella maggior parte
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    dei casi non si prevede il reintegro e
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    l'indennizzo varia tra le 6 e le 36
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    mensilità di stipendio a seconda
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    dell'anzianità di servizio. Il reintegro
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    nel posto di lavoro è possibile solo in
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    casi molto limitati come licenziamento
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    discriminatorio oppure licenziamento
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    completamente nullo. Che cosa
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    cambierebbe con il sì? Se vincessero i
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    sì verrebbe abolito il decreto e si
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    tornerebbe alla normativa precedente,
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    non all'articolo 18 originario dello
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    Statuto dei lavoratori, ma la versione
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    già modificata dalla riforma Fornero del
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    2012. Questo in qualche modo amplierebbe
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    i casi in cui il giudice potrebbe
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    ordinare il reintegro del lavoratore
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    oltre all'indizzo economico. Quali sono
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    le ragioni a favore del sì? Ecco, chi
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    sostiene il sì afferma che il diritto al
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    reintegro è una tutela fondamentale per
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    i lavoratori che altrimenti possono
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    essere licenziati con troppa facilità.
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    L'indennizio economico, infatti, per i
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    sostenitori del Sì, non è considerato
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    sufficiente a riparare il danno subito,
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    soprattutto per lavoratori con
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    abbastanzianità di servizio. Inoltre, la
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    maggiore protezione incentivirebbe i
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    lavoratori a denunciare le irregolarità
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    sul posto di lavoro senza timore di
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    ritorsioni. Quali sono invece le ragioni
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    a favore del no? Ecco, i sostenitori del
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    no ritengono che la flessibilità in
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    uscita incoraggi le imprese ad assumere
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    più facilmente con contratti di lavoro a
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    tempo indeterminato, riducendo così la
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    precarietà. L'indennizzo economico viene
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    considerata quindi una tutela adeguata
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    che allo stesso tempo evita il
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    prolungarsi di rapporti di lavoro ormai
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    deteriorati. Inoltre, chi sostiene il no
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    evidenzia che il sistema attuale allini
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    l'Italia a quelli che sono gli standard
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    europei. Secondo quesito, licenziamenti
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    nelle piccole imprese, scheda arancione.
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    Partiamo prima con un po' di contesto.
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    Questo quesito riguarda le tutele per i
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    lavoratori delle piccole imprese, cioè
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    quelle imprese, quelle aziende con meno
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    di 15 dipendenti che da sempre
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    ovviamente sono più limitate rispetto a
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    quelle previste per le grandi aziende.
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    La normativa attuale fissa un tetto
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    massimo all'indennizzo in caso di
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    licenziamento illegittimo ed infatti in
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    questi casi, nelle piccole imprese il
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    lavoratore può ottenere un risarcimento
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    con un limite massimo di sei mensilità
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    di stipendio. In alcuni casi specifici
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    può arrivare fino a 10 o 14 mensilità.
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    Il reintegro non è affatto previsto,
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    indipendentemente dalla gravità
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    dell'ingiustizia del licenziamento. Che
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    cosa cambierebbe con il sì? Con la
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    vittoria del sì verrebbe eliminato il
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    tetto massimo delle sei mensilità,
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    lasciando quindi al giudice la
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    possibilità di stabilire un risarcimento
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    più equo in base a diversi fattori:
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    l'età del lavoratore, i carichi
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    familiari, l'anzianità di servizio e
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    anche le dimensioni dell'azienda. E però
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    in questo specifico caso non verrebbe
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    reintrodotto il diritto al reintegro. E
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    chi sostiene il Sì sottolinea che i
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    lavoratori delle piccole imprese, che
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    sono circa 3,7 milioni in Italia,
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    meritano delle tutele più dignitose. Un
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    indennizzo limitato a 6 mesi di
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    stipendio è spesso considerato
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    insufficiente, soprattutto per chi ha
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    una lunga anzianità di servizi oppure
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    difficoltà a trovare un nuovo impiego. E
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    l'eliminazione di questo tetto
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    consentirebbe dei risarcimenti più equi
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    e proporzionati al danno subito. Chi
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    invece si oppone e quindi ritiene che
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    tutto debba essere lasciato così com'è,
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    evidenzia che la rimozione del tetto
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    massimo esporrebbe le piccole imprese
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    già economicamente più fragili a rischi
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    economici imprevedibili che potrebbero
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    in qualche modo comprometterne la
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    sopravvivenza. Questo chiaramente
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    potrebbe portare ad una riduzione delle
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    assunzioni e anche all'aumento del
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    lavoro irregolare. Inoltre l'incertezza
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    dei costi potenziali di un licenziamento
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    potrebbe scoraggiare in qualche modo la
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    crescita delle microimprese. Passiamo al
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    terzo quesito referendario, contratti a
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    termine. Anche qui un po' di contesto.
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    Questo quesito riguarda la
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    regolamentazione dei contratti a tempo
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    determinato. La disciplina ha subito
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    delle diverse modifiche negli ultimi
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    anni con interventi che hanno alternato
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    maggiore o minore flessibilità.
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    Attualmente circa 2,3 milioni di
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    italiani hanno contratti a tempo
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    determinato. Che cosa prevede la legge
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    attuale? La normativa vigente consente
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    di stipulare contratti a termine fino a
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    12 mesi senza la necessità di
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    specificare causali, cioè motivi
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    oggettivi che giustificano il carattere
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    temporaneo dell'assunzione. Solo per i
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    contratti oltre i 12 mesi, cioè fino a
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    un massimo di 24 mesi o per rinnovi è
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    necessario indicare specifiche causali.
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    Che cosa cambierebbe con il sì?
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    L'approvazione di questo quesito
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    ripristinerebbe l'obbligo di indicare
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    sempre le causali che giustificano il
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    carattere temporaneo del rapporto di
  • 00:05:50
    lavoro e questo fin dall'inizio è anche
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    per contratti inferiori a 12 mesi. In
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    questo modo verrebbero anche limitate le
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    possibilità per le parti di definire
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    autonomamente le causali e i sostenitori
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    del sì evidenziano che l'obbligo di
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    causali ridurrebbe l'uso improprio dei
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    contratti a termine che spesso vengono
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    utilizzati per coprire delle esigenze
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    lavorative permanenti. Questo porterebbe
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    ad una riduzione della precarietà e a
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    maggiori stabilizzazioni. I contratti a
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    termine dovrebbero essere l'eccezione e
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    non la regola e dovrebbero essere usati
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    soltanto per reali necessità temporanee.
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    Quali sono invece le ragioni del no? Chi
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    si oppone ritiene che l'obbligo di
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    causali per tutti i contratti a termine
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    ridurrebbe la flessibilità necessaria
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    alle imprese. Questo soprattutto in un
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    economia soggetta a forti fluttuazioni e
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    a forti incertezze potrebbe portare ad
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    un aumento della disoccupazione del
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    lavoro irregolare e inoltre le causali
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    sono spesso oggetto di contenzioso
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    legale creando incertezza per le
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    imprese. Veniamo adesso al quarto
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    quesito, responsabilità negli appalti.
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    Scheda rossa. Questo quesito riguarda la
  • 00:06:48
    responsabilità in materia di sicurezza
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    sul lavoro nel sistema degli appalti. Il
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    tema è particolarmente lirivante,
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    considerando che ogni anno si registrano
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    circa 500.000 denunce di infortunio sul
  • 00:06:57
    lavoro con circa 1000 morti. Che cosa
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    prevede la legge attuale? Attualmente il
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    committente, cioè chi appalta i lavori,
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    è responsabile insolito con
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    l'appaltatore per i danni subiti dai
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    lavoratori non coperti da INAIL. Ma
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    questa responsabilità non si applica ai
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    danni conseguenza dei rischi specifici
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    propri dell'attività delle imprese
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    appaltatrici o subappaltatrici. Ed è
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    proprio questa esclusione che il
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    referendum si propone di abblogare. Con
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    la vittoria del sì la responsabilità
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    solidale del committente verrebbe estesa
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    anche ai danni derivanti da rischi
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    specifici dell'attività
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    dell'appaltatore. Il committente quindi
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    risponderebbe di tutti i danni subiti
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    dai lavoratori in appalto non coperti da
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    INAIL indipendentemente dalla loro
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    origine. Chi a favore del sì ritiene che
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    l'estensione della responsabilità
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    solidale incentiverebbe i committenti a
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    selezionare con maggiore attenzione le
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    imprese appaltatrici, privilegiando
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    quindi quelle che garantiscono degli
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    standard elevati di sicurezza. Questo
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    porterebbe ad una riduzione degli
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    infortuni sul lavoro. Inoltre, in caso
  • 00:07:52
    di incidente, aumenterebbe la
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    probabilità che i lavoratori ricevano un
  • 00:07:55
    adeguato risarcimento. Chi invece
  • 00:07:57
    sostiene il no e si oppone quindi alla
  • 00:08:00
    sua abrogazione, ritiene che non sia eco
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    rendere il committente responsabile per
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    rischi che non può controllare
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    direttamente e che riguardano l'attività
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    specifica dell'appaltatore. Questo
  • 00:08:09
    potrebbe portare ad una riduzione degli
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    appalti penalizzando soprattutto le
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    piccole imprese, oppure un aumento dei
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    costi che si ripercuterebbe in qualche
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    modo sui prezzi finali. Inoltre,
  • 00:08:17
    potrebbe creare un'eccessiva
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    interferenza del committente nelle
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    attività dell'appaltatore. Quinto e
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    ultimo quesito, cittadinanza, scheda
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    gialla. È l'ultimo dei punti su cui
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    saremo chiamati a votare, riguarda i
  • 00:08:29
    requisiti per ottenere la cittadinanza
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    italiana. La legge attuale, la numero 91
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    del 92, ha innalzato da 5 a 10 anni il
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    periodo di residenza legale necessario
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    per richiedere la cittadinanza. Il
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    quesito, invece, propone di ritornare al
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    requisito di 5 anni che era rimasto
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    invariato dal
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    1865 fino al 1992. Che cosa prevede la
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    legge attuale? Per richiedere la
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    cittadinanza italiana, uno straniero
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    extracomunitario deve risiedere
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    legalmente in Italia da almeno 10 anni e
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    a questi si aggiungono spesso tempi
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    burocratici che possono allungare
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    l'attesa di altri 2 o 3 anni. Che cosa
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    cambierebbe con il s? L'approvazione di
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    questo quesito ridurrebbe da 10 a 5 anni
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    il periodo di residenza legale per poter
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    presentare la domanda di cittadinanza.
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    Non verrebbero quindi modificati gli
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    altri requisiti necessari, cioè la
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    conoscenza della lingua italiana, il
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    possesso di un reddito adeguato,
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    l'assenza di precedenti penali,
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    l'assolvimento degli obblighi fiscali e
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    in generale l'assenza di motivi ostativi
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    legati alla sicurezza nazionale. Le
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    ragioni a favore del sì sostanzialmente
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    ruotano intorno al fatto che questa cosa
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    favorirebbe l'integrazione di circa 2,5
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    milioni di stranieri che vivono in
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    Italia, lavorano in Italia,
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    contribuiscono stabilmente alla società
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    italiana. 5 anni, cioè, sarebbero
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    sufficienti per valutare la reale
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    integrazione nel tessuto sociale ed
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    economico del paese del cittadino
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    extracomunitario. Questa modifica, tra
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    l'altro, allineerebbe l'Italia agli
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    standard di molti paesi europei. Chi
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    invece sostiene il no, cioè chi si
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    oppone, ritiene che 10 anni
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    rappresentino un periodo adeguato per
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    valutare il reale radicamento degli
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    stranieri nel paese e per converso anche
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    la loro volontà di integrazione a lungo
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    termine. Inoltre, ciò che preoccupa chi
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    sostiene il no è che una riduzione dei
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    tempi possa portare ad un aumento
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    eccessivo delle richieste con potenziali
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    ripercussioni sociali e politiche. Ecco,
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    vedete, il dibattito su questi
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    referendum è molto acceso. Da un lato
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    c'è il Partito Democratico, il Movimento
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    5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra che
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    sostengono il sì a tutti i que siti,
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    dall'altro la maggioranza di governo,
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    Fratelli d'Italia, Lega, Forza Italia si
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    oppone in alcuni casi in vita anche
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    all'astensione. Poi ci sono delle altre
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    posizioni più articolate che vengono da
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    Italia Vive da Azione. Matteo Renzi, per
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    esempio, ha dichiarato che voterà sì
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    soltanto al referendum sulla
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    cittadinanza e si oppone chiaramente a
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    tutti quelli che riguardano il Jobs Act.
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    Insomma, questi comunque sono i
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    referendum abogativi su cui saremo
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    chiamati ad esprimerci l'8 e il 9 giugno
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    del 2025 e toccano aspetti fondamentali,
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    comunque importanti della nostra vita
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    collettiva, diritti dei lavoratori,
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    sicurezza sul lavoro, percorsi di
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    cittadinanza. Sono questioni che
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    definiscono il tipo di società che
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    desideriamo costruire. La democrazia
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    diretta è uno strumento prezioso che ci
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    permette di partecipare attivamente alle
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    scelte del nostro paese, andando oltre
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    la semplice delegare rappresentanti
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    eletti. Questa qua il referendum è
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    un'opportunità per far sentire la nostra
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    voce su temi concreti che influenzano la
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    vita quotidiana di milioni di persone.
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    Ecco, vedi, come avrai notato, io in
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    questa analisi ho scelto di non
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    esprimere la mia opinione personale
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    proprio per dare modo a ciascuno di voi
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    la possibilità di ragionare con la
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    propria testa, valutando i pro e i
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    contro di ogni quesito senza
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    condizionamenti. Poi però, chiaramente,
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    se tu sei curioso di corrocere il mio
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    punto di vista, magari me lo scrivi nei
  • 00:11:33
    commenti e sarò felice di realizzare dei
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    nuovi contenuti in cui condividerò anche
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    le mie opinioni su questi temi. Poi è
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    chiaro che per non fare un video di
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    proporzioni enormi ho come dire in
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    qualche modo sintetizzato le ragioni del
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    sì e le ragioni del no. Ma se vuoi un
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    approfondimento specifico su uno o più
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    quei referennari, magari anche qui mi
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    scrivi nei commenti, creerò un video
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    dedicato per analizzare nel dettaglio
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    gli aspetti che più vi interessano. Buon
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    voto a tutti qualunque sia la vostra
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    scelta.
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    K. S'è
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