Il VERO PREZZO del fast fashion: l'impatto dei nostri vestiti sui paesi più poveri

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https://www.youtube.com/watch?v=wcPvXAHM90c

Sintesi

TLDRIl video analizza il mercato degli abiti di seconda mano in Ghana, evidenziando la sua origine nell'industria del fast fashion. Si discute come il mercato di Kantamanto ad Accra sia diventato una fonte di reddito, mentre si esplorano le conseguenze ambientali e sociali della produzione tessile. L'industria della moda è accusata di sfruttare manodopera a basso costo in paesi come Bangladesh e India, contribuendo a gravi problemi ambientali. Si sottolinea la crescente domanda di abbigliamento e l'importanza di un cambiamento verso pratiche più sostenibili, con un focus sul mercato dell'usato.

Punti di forza

  • 👗 Gli abiti di seconda mano sono una risorsa importante in Ghana.
  • 🌍 Il fast fashion ha un impatto ambientale devastante.
  • 👷‍♂️ Le condizioni di lavoro nei paesi produttori sono spesso precarie.
  • 🏭 Il disastro del Rana Plaza ha evidenziato i rischi del settore tessile.
  • 📈 Il mercato dell'usato crescerà significativamente nei prossimi anni.
  • ♻️ Meno dell'1% dell'abbigliamento viene riciclato.
  • 🌱 Le istituzioni chiedono pratiche più sostenibili ai brand.
  • 👶 Le nuove generazioni spingono per un cambiamento nel consumo.
  • 💧 L'industria tessile consuma enormi quantità d'acqua.
  • 🚮 Ogni secondo, un camion di vestiti viene scartato.

Linea temporale

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    Il video esplora il mercato degli abiti di seconda mano in Ghana, evidenziando come questo fenomeno sia nato da un'idea di un imprenditore statunitense e si sia evoluto in una fonte di reddito per Accra. Il mercato di Kantamanto è descritto come uno dei più grandi al mondo, con milioni di capi di abbigliamento che arrivano ogni settimana, ma dietro a questo si cela l'industria del fast fashion, che ha un impatto significativo sia sociale che ambientale.

Mappa mentale

Video Domande e Risposte

  • Cosa sono gli abiti di seconda mano in Ghana?

    Sono indumenti scartati dai paesi industrializzati e spediti nei paesi in via di sviluppo.

  • Qual è l'impatto del fast fashion sull'ambiente?

    L'industria della moda contribuisce significativamente all'inquinamento e al consumo eccessivo di risorse naturali.

  • Qual è la situazione lavorativa nei paesi produttori di abbigliamento?

    I lavoratori spesso affrontano condizioni di lavoro precarie e salari molto bassi.

  • Cosa è successo al Rana Plaza?

    Nel 2013, un edificio in Bangladesh è crollato, uccidendo oltre 1000 lavoratori del settore tessile.

  • Qual è la previsione per il mercato dell'usato?

    Si prevede che crescerà del 127% entro il 2026.

  • Qual è la percentuale di abbigliamento riciclato?

    Meno dell'1% del materiale utilizzato per produrre abbigliamento viene riciclato.

  • Cosa si sta facendo per migliorare la situazione?

    Le istituzioni chiedono ai brand di adottare materiali rinnovabili e pratiche sostenibili.

  • Qual è il futuro del fast fashion?

    La domanda di abbigliamento continua a crescere rapidamente, con preoccupazioni per l'impatto ambientale.

  • Come possiamo contribuire a un cambiamento positivo?

    Cambiando le nostre abitudini di consumo e promuovendo la consapevolezza sociale e ambientale.

  • Qual è il ruolo delle generazioni più giovani?

    Stanno spingendo per un mercato dell'usato e pratiche più sostenibili.

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    Hai mai sentito parlare dei
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    Così in Ghana sono chiamati gli abiti di seconda mano
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    Sono gli indumenti che i paesi industrializzati scartano,
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    raccolgono e spediscono verso i paesi in via di sviluppo
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    Quella che è iniziata sessant'anni fa
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    come l'intuizione di un uomo d'affari statunitense, si è trasformata
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    oggi in una fonte di reddito per Accra, la capitale del Ghana
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    Qui c'è il mercato di Kantamanto, molto probabilmente
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    il più esteso mercato di seconda mano del mondo,
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    dove arrivano ogni settimana circa 15 milioni di capi di abbigliamento
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    Sono talmente tanti che secondo la gente del posto, solo la morte
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    potrebbe portare qualcuno a disfarsi di così tanti indumenti
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    Ma dietro questo mercato si nasconde uno dei più grandi
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    sistemi di produzione capitalistici: l'industria del fast fashion
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    Ma tu sei iscritto al canale di Ohga?
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    Se la risposta è no, ti aspettiamo,
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    è molto importante per noi!
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    Per capire dove nasce il fenomeno,
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    bisogna tornare indietro fino all'Ottocento,
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    quando nascono le prime industrie tessili
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    e vengono creati i primi abiti realizzati in serie
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    Erano destinati alle donne della classe media,
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    dato che quelle più ricche si rivolgevano
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    per lo più a botteghe di sartoria
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    e quelle più povere, invece si cucivano i vestiti da sole
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    L'impiego della macchina da cucire, brevettata nel 1846,
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    portò un'improvvisa velocizzazione della produzione di indumenti,
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    dando il via a un sistema che permetteva di creare tanti vestiti
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    uguali e suddivisi per taglie generiche,
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    anziché quelli fatti su misura
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    L'industria della moda, però, è andata a rilento fino agli anni ‘50
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    È stato allora che i giovani, forse per opporsi
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    alle abitudini dei genitori, iniziarono a desiderare abiti nuovi
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    e non più i vestiti rimaneggiati dei loro fratelli più grandi
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    È proprio in questo periodo che nascono i primi negozietti,
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    quelli che poi sono diventati i grandi marchi che conosciamo
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    Ma il termine fast fashion farà la sua comparsa
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    solo il 31 dicembre 1989 in un articolo del New York Times,
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    In occasione dell'apertura di un nuovo store di una nota catena
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    il magazine coniò infatti questo termine,
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    per descrivere una grande novità:
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    ora ci volevano solo 15 giorni tra l'ideazione
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    di una linea di vestiti e l'arrivo della collezione in negozio
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    Una cosa che magari
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    ora ci sembra scontata, ma all'epoca era una rivoluzione
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    Letteralmente fast fashion significa “moda veloce”:
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    è un modello di produzione che permette alle aziende di progettare,
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    realizzare e distribuire in tempi molto brevi
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    una grande quantità di vestiti
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    Copiando gli ultimi stili delle passerelle,
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    queste imprese ripropongono modelli a prezzi accessibili
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    per il grande pubblico che altrimenti non potrebbe permetterseli
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    Oltre alla produzione, però, la velocità nel fast fashion fa riferimento
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    anche alla facilità con cui si sostituiscono i vestiti
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    I prodotti sono, infatti,
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    progettati con l'intenzione di durare solo circa 10 lavaggi
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    Tenendo conto di questo, i designer si concentrano
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    sulla realizzazione di tanti articoli di tendenza,
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    senza prestare troppa attenzione alla qualità del tessuto,
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    il che consente di mantenere i prezzi dei prodotti molto bassi
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    e di promuovere un continuo ricambio,
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    tipico di un atteggiamento “usa e getta”
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    Insomma, poco importa se una camicetta non ci convince del tutto
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    La compriamo, tanto costa poco e se non la mettiamo
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    non dobbiamo sentirci in colpa
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    perché non ci abbiamo perso granché
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    Tuttavia dietro quella camicetta c'è molto di più
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    Ti sei mai chiesto come mai nella maggior parte delle etichette
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    c'è scritto: “Made in Bangladesh” ?
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    È proprio in paesi come India, Bangladesh,
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    Pakistan o Cina, che per mantenere alti profitti e bassi i costi,
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    i marchi negli anni hanno iniziato a spostare la produzione
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    Qui infatti c'è grandissima disponibilità di
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    manodopera a basso costo, tant'è che le locali fabbriche produttrici di
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    abbigliamento competono tra loro in una corsa verso il basso
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    Migliaia di uomini, donne e bambini,
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    provenienti nella maggior parte dei casi
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    dalle aree più rurali, vengono convinti a lavorare
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    nelle fabbriche con la promessa di un lavoro ben retribuito,
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    un alloggio confortevole e tre pasti nutrienti al giorno
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    La realtà però è ben diversa:
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    lavorano in condizioni spaventose,
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    non sicure a causa delle sostanze chimiche impiegate,
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    con orari massacranti e salari bassissimi
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    L'industria della moda ha poi anche un enorme impatto
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    sull'ambiente: produce circa
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    un numero gigantesco ma che si spiega con il fatto che l'industria
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    tessile richiede
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    di sostanze chimiche all'anno,
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    compreso il petrolio, più o meno 342 milioni di barili ogni anno,
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    per produrre fibre sintetiche, fertilizzanti per coltivare il cotone
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    e prodotti chimici per produrre, tingere e rifinire fibre e tessuti
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    Per non parlare poi dell'enorme consumo di acqua
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    Tutta la filiera produttiva di vestiti, compresa la coltivazione del cotone,
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    utilizza infatti circa
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    di acqua all'anno, contribuendo ad aggravare ulteriormente i problemi
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    in alcune regioni con scarsità d'acqua
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    Ma non solo, l'utilizzo di tintura e il trattamento dei tessuti causa
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    il 20% dell'inquinamento idrico industriale a livello globale
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    E per non farsi mancare nulla
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    negli ultimi anni l'industria tessile è stata identificata
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    come uno dei principali contributori al problema della plastica
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    che entra nell'oceano
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    di micro fibre di plastica vengono, infatti,
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    disperse durante il lavaggio di tessuti a base di plastica, come poliestere,
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    nylon o acrilico, finendo ogni anno nell'oceano
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    Arrivato a questo punto ti starai chiedendo come è possibile
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    che tutto questo avvenga in maniera impunita
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    Semplicemente i grandi marchi hanno delle catene di fornitura
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    talmente vaste e dislocate, in decine di paesi del mondo,
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    che è quasi impossibile tracciarle rigorosamente
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    Il risultato è una distribuzione disomogenea
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    delle conseguenze ambientali
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    I paesi in via di sviluppo, infatti, essendo il centro produttivo
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    di gran parte dell'abbigliamento,
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    subiscono i peggiori effetti ambientali, al contrario dei paesi sviluppati,
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    che però sono quelli che consumano la maggior parte dei prodotti
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    Insomma, la domanda di vestiti dei consumatori occidentali
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    svantaggia i paesi più vulnerabili
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    Purtroppo la traiettoria che sta prendendo il settore
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    della moda fast fashion ha esiti potenzialmente catastrofici
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    La domanda di abbigliamento continua a crescere rapidamente:
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    dal 2000 al 2015 la produzione di abbigliamento
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    è quasi raddoppiata e le vendite totali di abbigliamento
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    potrebbero raggiungere i 160 milioni di tonnellate nel 2050
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    Non sono stime incoraggianti si pensi che solo meno dell'1%
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    del materiale utilizzato
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    per produrre abbigliamento viene riciclato in nuovi vestiti
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    Pensa che ogni secondo,
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    l'equivalente di un camion della spazzatura carico di vestiti
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    viene bruciato o seppellito in discarica
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    Anche in paesi con alti tassi di raccolta per il riutilizzo,
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    come la Germania, che raccoglie
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    i vestiti vengono esportati in “mercati di salvataggio”,
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    come appunto il Ghana, dove purtroppo,
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    a causa della pessima qualità dei prodotti,
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    il 40% della merce è inutilizzabile e finisce direttamente in discarica
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    Rendendo di fatto inutili tutti gli sforzi
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    Oggi, purtroppo, ad accendere i riflettori internazionali
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    sugli impatti sociali e ambientali collegati all'industria
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    dell'abbigliamento sono quasi solo gli incidenti e i casi di cronaca
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    Un esempio è il disastro del Rana Plaza, nel 2013,
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    quando un edificio di otto piani del Bangladesh
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    ha subito un cedimento strutturale dovuto al peso
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    dei numerosi macchinari tessili, uccidendo oltre 1000 lavoratori
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    Proprio per questo le istituzioni stanno chiedendo
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    ai grandi brand dell'industria del fast fashion
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    di allontanarsi dal sistema lineare in cui sono imprigionati,
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    spronandoli a cercare i materiali rinnovabili o riciclati per produrre
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    abiti, che possano essere quindi riutilizzati per un lungo periodo,
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    contrastando così
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    un sistema che inquina l'ambiente e aumenta le disuguaglianze sociali
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    Fortunatamente, la risposta soprattutto dalle generazioni più giovani,
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    non si è fatta attendere
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    Il mercato della seconda mano rappresenta già
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    dell'abbigliamento,
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    delle calzature e degli accessori e si prevede che crescerà del 127%
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    entro il 2026, ovvero tre volte più velocemente
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    del mercato globale dell'abbigliamento in generale
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    Solo osando cambiare, non solo il look,
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    ma anche le nostre abitudini,
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    riflettendo sulle nostre responsabilità sociali
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    e prendendo consapevolezza sugli effetti ambientali,
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    possiamo trasformare il settore e creare un nuovo equilibrio
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    tra le comunità di tutto il mondo
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